Lavoravano in nero i due operai morti a Venezia. Benvegnù (PRC): “Le conseguenze del pensare solo ai profitti!”

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operai morti a Santa Maria di Sala: la logica del profitto
Lavoravano in nero i due operai morti a Santa Maria di Sala. La logica del profitto va a scapito della sicurezza

Dopo che la Capogruppo dei 5 Stelle in Consiglio Regionale Veneto Erika Baldin ha sottolineato come il lavoro sommerso sia un pesante fattore di rischio per la sicurezza, anche Paolo Benvegnù, responsabile nazionale lavoro del PRC è intervenuto con un duro commento sulla tragica sorte dei due operai morti a Santa Maria di Sala, sottolineando il fatto che i due, lavorando in nero, non fossero dotati né dell’adeguata preparazione né delle protezioni necessarie. Doppiamente vittime dunque di una mentalità deleteria che guarda solo al guadagno ed approfitta di chi si trova in stato di necessità. 

Due vite, lo stesso tragico destino

“Abdou Mustafa Ziad Saad, di 21 anni e Abdelwahab Hamad Sayed di 39 – ricorda Benvegnù – sono morti a causa delle esalazioni della fossa biologica, dove erano entrati senza protezioni e senza cognizione dei pericoli a cui potevano andare incontro. Il più giovane è sceso per primo, il secondo più anziano per cercare di soccorrerlo. Un gesto di solidarietà dettato, probabilmente, dalla condivisa esperienza della traversata dalle coste della Libia. Erano entrambi nello stesso centro di accoglienza in quanto richiedenti protezione umanitaria”.

Nessun contratto di lavoro

L’esponente del PRC sottolinea quanto la piaga del lavoro sommerso sia ancora troppo diffusa in Italia. “Non avevano alcun contratto di lavoro, reclutati, sicuramente, attraverso canali informali come spesso accade. In agricoltura, in edilizia, la carenza manodopera è ormai cronica. Trovare braccia disponibili è sempre più difficile. A dirlo sono gli stessi datori di lavoro, le categorie economiche ed è costretto ad ammetterlo lo stesso governo nella comunicazione che ha accompagnato il decreto flussi. In futuro sarà ancora molto più grande il bisogno di forza lavoro migrante per coprire i vuoti prodotti dalla glaciazione demografica che colpisce l’Italia, ancor più che altri paesi europei. Nel nord-est si prevede una carenza di forza lavoro del 20%. Non va meglio nel resto del paese segnato dalla fuga di decine di migliaia di giovani, ragazze e ragazzi in fuga dalla precarietà, dal mancato riconoscimento delle competenze acquisite, da un lavoro segnato da livelli di sfruttamento insostenibili: la cartina di tornasole della miseria di una borghesia predatoria, sempre alla ricerca di massimizzare i profitti. Ci raccontano, gli stessi migranti, compagne/i del sindacato, operatrici e operatori delle cooperative di accoglienza, costretti a ridurre i loro interventi per la riduzione continua dei fondi destinati alle loro attività, di imprenditori che direttamente o attraverso i canali informali cercano tra gli ultimi arrivati, richiedenti asilo o protezione umanitaria, braccia da mettere al lavoro. Cose note e conosciute da chi decide di venire nel nostro paese per migliorare la propria condizione di vita sapendo che un lavoro, comunque sia si può trovare.”

Le inutili campagne contro i clandestini

Benvegnù poi sottolinea che la politica contro l’immigrazione della destra serve a far piacere agli elettori e anche, insieme ai dispositivi legislativi, a tenere in “una condizione di ricattabilità una larga fascia di lavoratrici e lavoratrici che è anch’essa strumento di schiacciamento generale della condizione delle classe: niente di nuovo. Già nel 1870 Carlo Marx in un indirizzo della Associazione internazionale dei lavoratori scriveva ai sindacati inglesi che discriminare gli irlandesi non era un buon affare per gli operai inglesi e che alla fine la loro oppressione l’avrebbero pagata tutti.”

Il conclusione, Benvegnù riporta il pensiero ai due egiziani morti e all’inesorabile conta dei morti sul lavoro: “ogni giorno viviamo con sofferenze i limiti della nostra capacità di risposta al crimine che quotidianamente si rinnova degli omicidi nei luoghi di lavoro. Però non molliamo. Continueremo la battaglia per un lavoro sicuro e dignitoso per tutte/i , perché si aumentino controlli e attività che lo garantiscano, perché sia introdotta nella nostra legislazione una norma che riconosca , nel caso di accertate e gravi responsabilità dei datori di lavoro e delle aziende committenti il reato di omicidio sul lavoro”.