Il lavoro: “vedrai com’è bello” non essere un ingranaggio

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Con un format di una rubrica di approfondimento che inauguriamo oggi e che prevede che lo spunto per la discussione parta da “certe” canzoni (oggi “Vedrai com’è bello” e “Ingranaggi” del veneziano Gualtiero Bertelli) vogliamo affrontare la questione che riteniamo tra le più importanti del nostro paese e della vita stessa, il lavoro. Oggi è in atto una sorta di restaurazione, un tornare indietro rispetto ai diritti e alle garanzie che i lavoratori hanno conquistato in decenni di lotte. Il lavoro è diventato sempre più precario (la vita stessa è diventata, anche per questo, precaria), mal pagato e insicuro.

Alcuni diritti fondamentali sono stati, di fatto, cancellati (pensiamo all’articolo 18 solo per fare un esempio). Tutto in nome della “competitività” e del profitto. Ma ci troviamo di fronte a quella che può essere una svolta. Ci riferiamo alla cosiddetta quarta rivoluzione industriale, alla robotica, all’informatica, alla digitalizzazione … un’innovazione tecnologica (e non solo) che sarebbe antistorico fermare.

La questione aperta da questi nuovi strumenti e metodi di produzione e di trattamento delle informazioni è relativa al loro utilizzo e a chi vanno i benefici che si possono raggiungere. Se questi vanno unicamente a incrementare i profitti “padronali” o se, invece, servono a chi vive del proprio lavoro in una specie di “profitto collettivo” che significa lavorare meno, meglio, in sicurezza, con retribuzioni che permettano un maggiore benessere.

Creando un lavoro che non sia una “condanna alla fatica” ma un mezzo per la crescita individuale e collettiva, sociale e culturale di chi vive del proprio lavoro. E’ ovvio che il ruolo dello Stato diventa fondamentale e che si dovrà ricominciare a parlare di socializzazione dei mezzi di produzione.
Una scelta, una lotta dalla quale dipende il futuro di ognuno.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.