Lotta al West Nile, team italiano sviluppa modello Ia che prevede focolai

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(Adnkronos) – Un modello di intelligenza artificiale in grado di prevedere con grande precisione i focolai del virus West Nile in Italia. A svilupparlo è stato il gruppo 'Gabie' (Genomics, AI, Bioinformatics, Infectious diseases, Epidemiology) creato da Massimo Ciccozzi, Ordinario di Statistica Medica e Francesco Branda ricercatore dell'Unità di Ricerca di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, insieme a Fabio Scarpa, professore ssociato di Genetica dell'Università di Sassari. Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Tropical Medicine and Infectious Disease', ha integrato oltre dieci anni di dati di sorveglianza sanitaria (2012–2024) con informazioni climatiche giornaliere ad alta risoluzione, come temperatura, precipitazioni e umidità, provenienti da archivi meteorologici 'open source'. Da inizio del 2025 sono stati registrati in Italia 767 casi di West Nile in Italia con 69 decessi, secondo l'ultimo bollettino della sorveglianza dell'Iss pubblicato il 15 ottobre.  Secondo lo studio, "il West Nile Virus, trasmesso dalle zanzare del genere Culex, può infettare uccelli, cavalli e persone: nella maggior parte dei casi causa sintomi lievi, ma negli anziani e nei soggetti fragili può provocare encefalite o meningite. Ormai endemico nel Nord Italia — in particolare in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia — il virus rappresenta una minaccia ricorrente durante i mesi estivi". Il West Nile "non è più un’emergenza stagionale ma una realtà che si ripete ogni anno – spiega all'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi – Capire in anticipo dove e quando colpirà è essenziale per proteggere la popolazione".  Per costruire il modello, il team ha utilizzato un algoritmo di 'machine learning' supervisionato chiamato XGBoost, particolarmente adatto a gestire dati complessi e variabili eterogenee. Il modello è stato addestrato su serie temporali di dati epidemiologici e climatici, adottando una procedura di validazione temporale incrociata per testare la sua capacità di previsione su anni non inclusi nell’addestramento. "I risultati sono stati notevoli: il sistema ha raggiunto una capacità predittiva del 99%, dimostrando un’elevata affidabilità anche a livello provinciale – si legge nello studio – Un aspetto importante dello studio è l’uso di tecniche di interpretabilità del modello ('Shap values'), che hanno permesso di capire quali fattori climatici influenzano maggiormente le previsioni. Tra le variabili considerate, la temperatura minima giornaliera è risultata il principale predittore: quando le notti restano sopra i 20 gradi centigradi, le zanzare sopravvivono più a lungo e la trasmissione del virus accelera, mentre piogge e temperature massime incidono in misura minore. Questo approccio consente di mantenere trasparenza e riproducibilità, due elementi fondamentali per l’applicazione operativa in sanità pubblica".  Il modello può essere integrato nei sistemi di sorveglianza italiani per attivare allerte preventive, individuare le aree prioritarie di intervento e ottimizzare le risorse per la disinfestazione e la comunicazione del rischio. “Con il nostro approccio – aggiunge Francesco Branda – vogliamo trasformare i dati in prevenzione: l’intelligenza artificiale può diventare un alleato della sanità pubblica, aiutandoci a prevenire invece di rincorrere le epidemie.” Lo studio si inserisce in una visione 'One Health', che considera insieme la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. Per questo, oltre ai casi umani, il modello include anche i dati provenienti da uccelli e zanzare raccolti dalle reti veterinarie e ambientali, così da intercettare i segnali precoci della circolazione virale. Il gruppo Gabie sta già ampliando la metodologia ad altre malattie trasmesse da vettori, come dengue, e chikungunya, e la sta collegando alle proiezioni climatiche future per stimare come il riscaldamento globale possa modificare la distribuzione dei virus in Europa. “Il cambiamento climatico – conclude Ciccozzi – sta ridisegnando la geografia delle infezioni: zone un tempo considerate sicure stanno diventando favorevoli alla diffusione delle zanzare e dei patogeni che trasmettono. Disporre di strumenti predittivi come questo significa poter agire prima, proteggendo la salute delle persone e del territorio".  
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