Mestre, aggressione al bambino in pizzeria. Romano Pesavento (CNDDU): «Un episodio che rivela fragilità educative e sociali»

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Baby gang aggredisce bambino di 3 anni e famiglia a Mestre all'uscita della pizzeria
Baby gang aggredisce bambino di 3 anni e famiglia a Mestre all'uscita della pizzeria

Il recente episodio avvenuto in una pizzeria di Mestre, in cui un bambino di tre anni, prima, e la sua famiglia, poi, sono stati aggrediti da un gruppo di adolescenti, una baby gang, continua a sollevare indignazione e riflessione. Non si tratta solo di cronaca nera: per il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), il fatto è un campanello d’allarme che mette in evidenza profonde fragilità nella crescita dei giovani e nelle dinamiche sociali.

Prof. Romano Pesavento (presidente CNDDU)
Prof. Romano Pesavento (presidente CNDDU)

«Colpire un bambino così piccolo e deriderlo – afferma il presidente CNDDU, Romano Pesavento – dimostra l’assenza di empatia e la ricerca di affermazione attraverso la violenza, aggravata dalla dinamica di gruppo che annulla la responsabilità individuale». Un segnale di disagio emotivo e carenze educative che, se non intercettate, rischiano di segnare il percorso di vita di questi ragazzi.

L’associazione richiama anche il profilo giuridico: l’aggressione di Mestre è una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, che garantiscono a ogni minore il diritto a vivere in un ambiente sicuro e protetto.

Secondo il CNDDU, la scuola ha un ruolo centrale nella prevenzione. Non solo luogo di istruzione, deve essere anche spazio di crescita civica ed emotiva, con programmi che promuovano empatia, gestione dei conflitti e rispetto reciproco. «Servono educazione civica e ai diritti umani, attività di cittadinanza attiva, sportelli psicologici, progetti di inclusione e attività artistiche e sportive», sottolinea Pesavento.

L’appello finale è rivolto alle istituzioni: garantire risorse stabili perché la scuola diventi un vero laboratorio di legalità, capace di trasformare il disagio in crescita e il conflitto in responsabilità.

«Solo un impegno condiviso – conclude Romano Pesavento dopo aver espresso solidarietà alla famiglia vittima dell’aggressione – che unisca educazione, supporto psicologico e tutela giuridica, può restituire ai giovani un futuro fondato sul rispetto reciproco e sulla dignità di ogni persona».