Processo Miteni, depositate le motivazioni: “L’azienda sapeva dell’inquinamento”

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Il Tribunale di Vicenza

Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni della Sentenza Miteni con la quale i giudici hanno cristallizzato le responsabilità emerse nel processo per l’inquinamento da Pfas e la contaminazione delle acque che per oltre un decennio ha coinvolto 350mila persone nelle province di Vicenza, Verona e Padova, condannato in primo grado 11 manager e disposto risarcimenti milionari.

Nelle oltre 2.000 pagine depositate in questi giorni a Vicenza, emerge il fulcro del ragionamento della Corte d’Assise: “l’azienda sapeva”.

Secondo i magistrati, la Miteni — azienda chimica con sede a Trissino, nota per aver causato uno dei più gravi disastri ambientali in Italia — era pienamente a conoscenza dell’inquinamento ma, pur sapendolo, non lo ha mai comunicato alle istituzioni.

Il documento è ora al vaglio dei legali della difesa che dovranno decidere se procedere con il ricorso in Corte d’Appello contro una sentenza che ha inflitto complessivamente 141 anni di carcere ai vertici dell’ex fabbrica e delle multinazionali Icig e Mitsubishi.

Per i giudici, infatti, la società ha continuato a operare con la consapevolezza di inquinare, spinta dalla volontà di guadagnare senza curarsi delle gravissime conseguenze per l’ambiente e la salute pubblica. La fabbrica, fallita nel 2018, produceva composti fluorurati per vari usi industriali, ma la sua attività ha compromesso irrimediabilmente le falde acquifere del territorio.

La battaglia legale, durata quattro anni, trae origine dai fatti del 2013, quando il Ministero dell’Ambiente informò la Regione Veneto sulla presenza di Pfas in concentrazioni “preoccupanti” nelle acque potabili. Quell’allarme diede il via alla storica mobilitazione delle “Mamme No Pfas”, che oggi vedono riconosciuto un risarcimento simbolico tra i 15 e i 20mila euro per le singole persone coinvolte.

Sul piano economico, la Corte ha stabilito cifre imponenti per le oltre 300 parti civili: al Ministero dell’Ambiente è stato riconosciuto un risarcimento di 58 milioni di euro, alla Regione Veneto 6,5 milioni e all’agenzia Arpav 800mila euro. Sono stati ristorati anche i Comuni colpiti, le società idriche e la Provincia di Vicenza, segnando un precedente fondamentale per la giustizia ambientale in Italia.