Sulle notizie comparse su alcuni media, in primis Il Sole 24 Ore, secondo le quali il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, avrebbe riferito ai colleghi di Governo che con altri 25 miliardi di deficit il Mes diventerebbe cruciale per evitare problemi alle casse dello Stato, il Mef è intervenuto con una puntualizzare per affermare che “l’andamento delle disponibilità di cassa e la previsione dei saldi futuri sono del tutto in linea con le aspettative contenute nei documenti di finanza pubblica“.
I dati consolidati relativi alla liquidità disponibile per i mesi passati sono pubblici e rinvenibili sul sito del Debito Pubblico, il mese di giugno si è chiuso con disponibilità liquide pari a oltre 60 miliardi di euro mentre per il mese di luglio è atteso un saldo superiore agli 80 miliardi.
“Come è possibile verificare dal confronto con gli stessi dati del 2019 – prosegue la nota del Mef –, le disponibilità liquide del Tesoro nel 2020 sono vicine a quelle registrate lo scorso anno, un dato particolarmente significativo tenuto conto dei diversi provvedimenti legislativi adottati per fronteggiare l’emergenza Covid-19, compreso il dilazionamento e la proroga delle scadenze fiscali. Al momento, le previsioni dei saldi giornalieri fino alla fine dell’anno non mostrano alcun elemento di criticità, confermando la storica ampia disponibilità di cassa per far fronte a ogni scadenza o impegno futuro”.
A confortare ulteriormente questi dati di prospettiva del Mef ci sono le aste sui titoli pubblici che confermano la fiducia dei mercati: il Tesoro per far fronte alle maggiori esigenze di finanziamento ha effettuato emissioni lorde per oltre 353 miliardi di euro, quasi 100 miliardi più del 2019 che nello stesso periodo vide emissioni per circa 256 miliardi.
Il rafforzamento del Quantitative Easing della Bce, le azioni sempre più coese dell’Unione Europea e la fiducia degli investitori nazionali e internazionali nei confronti dell’Italia hanno portato lo spread ai livelli di inizio anno, cioè a circa 145 punti base, per un rendimento del Btp decennale in area 1% mentre sempre in questi mesi tutte le emissioni hanno avuto copertura ampiamente soddisfacente con rendimenti spesso anche inferiori a quelli corrispondenti del mercato secondario.
“Sotto il profilo delle entrate tributarie – conclude la nota del Mef –, dopo i mesi di lockdown emergono con i versamenti del mese di luglio segnali particolarmente incoraggianti di ripresa delle attività economiche. In particolare, i primi dati del mese mostrano per l’Iva, indicatore anticipatore del ciclo, una caduta limitata a -4,7% rispetto allo stesso mese dello scorso anno (a giugno la variazione tendenziale era stata del -19,7%, a maggio del -30%, ad aprile del – 33,4%)”.
Le voci riportate dal giornale confindustriale, quindi, se non destituite completamente di fondamento, appaiono come una delle azioni di pressione che vari ambienti nazionali, politici ed economici, magari anche con l’incoraggiamento di alcuni di quelli europei stanno esercitando perché l’Italia rompa l’atteggiamento generale di non accesso ai Fondo Salva Stati.
Per l’Italia circa 37 miliardi sarebbero disponibili subito per la sanità, ma il timore di possibili future limitazioni alla sovranità nazionale, magari nascoste fra le righe delle normative, e la disponibilità, sia pure non immediata, di ben 209 miliardi del Recovey Fund (Next Generation EU) rafforzano le posizioni ideologiche di chi (M5S, Lega e FdI) del no sempre e comunque al Mes ha fatto una propria bandiera esibendo cosa significò per la Grecia.
“Tutto bene” si potrebbe dire, condividendo o meno questa posizione funzionale al gioco delle parti, ma ricordando come l’Italia ancora non abbia saputo utilizzare 38 miliardi di vecchi fondi europei che le sono stati assegnati c’è da preoccuparsi non poco sulla capacità di “progettare”, prima, e “realizzare”, dopo, tutto in tre anni, quanto richiesto dalle regole del Next Generation Eu per poter avere e spendere quella cifra, che potrebbe e dovrà cambiare il futuro del Paese.
Se nei prossimi mesi dovesse prevalere la volontà di passare all’incasso almeno dei 37 miliardi del Mes, che non richiedono una particolare progettualità se non quella di spenderli per la sanità, per la cui rimessa in sesto il ministro competente, Speranza, ipotizza proprio una cifra simile a quella targata Fondo Salva Stati, allora ci sarà da preoccuparsi: sarebbe una prima ammissione di incapacità dell’arrugginito e scricchiolante sistema Italia di sfruttare quegli aiuti europei per il cui stanziamento il premier Conte si è battuto all’ultimo sangue in quella che potrebbe essere stata l’ultima battaglia, non sua ma del Paese, prima della sua definitiva capitolazione.
Che Dio non voglia!, certo, ma dipende solo da noi non da Dio.