Norma in senato per vittime delle due banche venete prevede indennizzo del 30% su 39.3 euro per BPVi (cioè 12 ?) e per Veneto Banca su 30.5 euro (9 ?). Rocca: “M5S, è giusto?”

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Dopo aver pubblicato “In anteprima le Proposte emendative che riguardano commi 256-268, già art. 38 per le vittime di BPVi, di Veneto Banca e delle altre 9 banche interessate”  abbiamo chiesto, al solito, un commento anche al dr. Riccardo Federico Rocca dello studio Legale Rocca di Milano di cui alleghiamo ora le riflessioni.

1. La quinta Commissione permanente (Bilancio) nella seduta pomeridiana di domenica 16 Dicembre 2018 ha confermato il testo dell’emendamento all’art. 38 statuendo che, per le due banche ex popolari venete, la misura dell’indennizzo è (attuale comma 260, precedente comma 5) pari al 30 per cento del valore contabile delle azioni nel bilancio di esercizio chiuso al 31dicembre 2011.


2. Trattasi di norma profondamente ingiusta, che punisce i veri risparmiatori vittima di truffa. E spiace davvero che tale disposizione sia richiesta dal M5S, le cui decisioni molti si aspettavano fossero ispirate a criteri etici e non di pura finalità clientelare. 
3. La mia indignazione nasce dal semplice esame dei dati ufficiali a tutti disponibili. Al 31 dicembre 2011 la compagine sociale della BPVi risultava costituita da 62.082 soci, i quali possedevano complessivamente 78.439.879 azioni. Il patrimonio netto contabile comprensivo dell’utile di esercizio era pari a 3.089.258.000 di euro
4. Il valore contabile di ciascuna azione – determinato suddividendo il patrimonio netto per il numero di azioni in circolazione – al 31.12.2011 era di 39.3 euro. Laddove il valore reale dell’azione era prossimo allo zero poiché la crisi economica e finanziaria seguita al crollo della Lehman Brother aveva affossato il business bancario e anche le azioni della BPVI, come del resto quelle di tutti gli istituti di credito italiani, erano crollate di valore. Sicché il bilancio al 31.12.2011 doveva dare atto che: (i) l’avviamento si era azzerato e, quindi, cancellare il relativo importo di 952 milioni di euro; (ii) molti crediti si erano deteriorati, e, pertanto, rettificarne il complessivo importo per 2 miliardi di euro. 
5. Invero, i veri truffati sono gli oltre 50.000 risparmiatori, che di nessun beneficio avevano fruito durante gli anni di crescita della BPVi, reclutati con pressioni, inganni, malizie tra il 1 gennaio 2012 e il 2015 (al 31 dicembre 2015 gli azionisti superavano le 114.000 unità), indotti a comprare azioni prive di valore al prezzo ignobile di 62,5 euro. In nessun caso può essere loro assimilato chi ad esempio aveva in carico le azioni a cinque euro e negli anni buoni aveva incassato dividendi per dieci euro.
6. Sulla base del richiamato provvedimento, ciascun azionista riceverà il 30% di 39,3 euro ovvero circa 12 euro, importo offensivo per chi ha pagato le azioni 62,5 euro e del tutto ingiustificato e immeritato per chi le ha pagate cinque euro.
7. Analoga la situazione di Veneto Banca che, al 31.12.2011, contava 95.072.149 azioni in circolazione a fronte di un patrimonio netto di 2.892.785.000 euro di cui: (i) 119 milioni di euro attribuibili a utili di esercizio dell’esercizio 2011 pacificamente inventati; (ii) 1,2 miliardi di euro ad avviamenti inesistenti; (iii) oltre un miliardo di euro a crediti deteriorati. Sicché il valore contabile [falso] di ciascuna azione era pari a 30.4 euro. Ma, parimenti applicando il 30% al suddetto valore ne deriva un importo di circa 9 euro per azione, rispetto ai 40 euro in media pagati dai risparmiatori tra il 2012 e il 2015.
8. Tra l’altro, poiché la maggior parte di chi era già socio al 31.12.2011 ha sottoscritto anche gli aumenti di capitale/obbligazioni convertibili del biennio 2013/2014, il concentrare i risarcimenti/ristori/indennizzi sugli ultimi acquisti avrebbe comunque consentito ad almeno l’80% degli azionisti di accedere ai fondi statali. I quali, oltre tutto, devono obbligatoriamente essere distribuiti sulla base del criterio del prezzo di carico, ovvero di quanto effettivamente pagato. Diversamente la norma è priva di qualsiasi razionalità e – spiace doverlo ammettere – quasi certamente destinata alla bocciatura da parte degli organi preposti al controllo.