Ospedale di Santorso, nuova attività di training cognitivo per i pazienti con diagnosi di demenza giovanile

L'attività completa la presa in carico dei pazienti e viene svolta da una neuropsicologa, grazie ad una borsa di studio finanziata dalla Fondazione FabbricareSalute

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ospedale di Santorso equipe demenza giovanile
L'equipe équipe multidisciplinare attiva all’ospedale di Santorso per la presa in carico dei pazienti con diagnosi di demenza

ULSS 7 Pedemontana e Fondazione FabbricareSalute hanno sottoscritto una convenzione per il finanziamento per due anni, da parte della Fondazione, di una borsa di studio per una neuropsicologa specializzata nelle problematiche del decadimento cognitivo. Questa nuova figura entrerà a far parte dell’équipe multidisciplinare già attiva all’ospedale di Santorso nella presa in carico dei pazienti con diagnosi di demenza, della quale fanno già parte gli specialisti della Geriatria e della Neurologia, con il supporto per le attività diagnostiche della Radiologia e del Laboratorio Analisi.

La presenza della neuropsicologa sarà funzionale alla gestione di una innovativa attività di “training cognitivo”, che il Direttore Generale dell’ULSS 7 Pedemontana Carlo Bramezza ha definito altamente specialistica e che ancora una volta conferma l’impegno dell’ospedale ad essere sempre al passo con i progressi della medicina, sia nella diagnostica sia nel trattamento. «Siamo orgogliosi  – ha affermato Bramezza – di poter offrire il training cognitivo all’ospedale di Santorso perché pochissimi centri in Veneto, e non solo, possono proporre questo tipo di assistenza. Ringraziamo ancora una volta FabbricareSalute per il sostegno, che in questo caso ci consente di potenziare la nostra capacità di presa in carico su una problematica di grande importanza e delicatezza».

Pietro Sottoriva, presidente di FabbricareSalute, ha a sua volta sottolineato l’attenzione della Fondazione a progetti innovativi «e questo lo è certamente – ha ribadito – perché è qualcosa che può portare un reale valore aggiunto rispetto ai percorsi di presa in carico ordinari. Non solo, ci ha colpito il modo in cui il training cognitivo può concretamente incidere positivamente sulla qualità di vita dei pazienti e indirettamente anche dei loro familiari, dunque sulla qualità di vita di molti nostri concittadini».

Un percorso per chi presenta disturbi neurocognitivi già tra i 60 e i 65 anni

Il nuovo percorso di presa in carico è rivolto a persone che già tra i 60 e i 65 anni presentano in forma moderata disturbi neurocognitivi maggiori (malattie croniche caratterizzate dalla compromissione di due o più domini cognitivi, disturbi comportamentali e da danno funzionale con progressiva perdita delle autonomie) oppure disturbi neurocognitivi minori (lieve declino rispetto ad un precedente livello di performance, senza compromissione rilevante dell’autonomia quotidiana). «In questi casi – spiega il dott. Luca Pellizzari, direttore dell’U.O.C. Geriatria di Santorso, che coordina anche l’attività del Centro per il Deterioramento Cognitivo e le Demenze del Distretto Alto Vicentino – il primo passo è naturalmente la valutazione clinica, che avviene insieme ai colleghi della Neurologia e, quando necessario, con gli opportuni approfondimenti diagnostici di 2° livello».

Una volta confermata la diagnosi, il paziente e i familiari vengono presi in carico nell’ambito di un percorso integrato, che prevede anche il training cognitivo, elemento essenziale, soprattutto nei casi di demenza giovanile, al fine di rallentare l’evoluzione della malattia. «Il training cognitivo – conferma Pellizzari – aiuta i pazienti a gestire e convivere meglio con la loro condizione e previene la tendenza all’isolamento sociale, che è conseguenza della malattia e allo stesso tempo contribuisce ad accelerarne il decorso. Molto importante è anche l’attività svolta con i familiari per aiutarli a comunicare in modo più efficace con il loro caro e a trasferire a quest’ultimo un senso di tranquillità».

A spiegare più concretamente in cosa consiste il training cognitivo è la dott.ssa Marianna Lanaro, la neuropsicologa che conduce le attività: «Si tratta di esercizi cognitivi che servono ad allenare l’attenzione, la memoria e il linguaggio. Inoltre il fatto di svolgere tali attività in piccoli gruppi composti da 5-6 persone allo stesso tempo favorisce anche la stimolazione sociale. Non solo, con le persone allo stadio iniziale della malattia, come appunto in chi è affetto da demenza giovanile, lavoriamo anche a livello metacognitivo, per insegnare loro come funziona il loro sistema cognitivo, ad esempio perché si tendono a dimenticare alcune informazioni, e dunque quali strategie possono adottare»