Ottolenghi “L’Iran e i suoi gregari, come spezzare il cerchio”

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Di Lucia Rotta

ROMA (ITALPRESS) – “L’Iran è non solo uno Stato con ambizioni egemoniche nella regione, ma anche una rivoluzione con una sua ideologia peculiare, che aspira a rappresentare tutti gli sciiti nel mondo ed esportare un modello politico che trascende la religione”.

Da qui parte Emanuele Ottolenghi, senior advisor di 240 Analytics, piattaforma di elaborazione dati per identificare potenziali metodi di finanziamento del terrorismo. Ottolenghi spiega, in un’intervista all’agenzia Italpress, i legami tra Teheran e i movimenti “gregari” che lo sostengono, i cosiddetti Proxies, da Hamas a Hezbollah agli Houthi ma non solo.

Autore di diversi libri come La Bomba Iraniana (Lindau), I Pasdaran (FDD Press) e Iran: The Looming Crisis (Profile Books), Ottolenghi ha alle spalle anni di ricerche e analisi sui metodi di finanziamento di questa rete, che vede tra i propri obiettivi la cancellazione di Israele dalle mappe geografiche.

“L’Iran è sempre stato caratterizzato, a partire dalla rivoluzione iraniana, da una profonda debolezza militare convenzionale, dovuta all’isolamento, all’embargo, alle sanzioni, e dunque alla difficoltà di accesso a sistemi di difesa e di offesa prodotti in Occidente. Per questo ha adottato una dottrina di conflitto asimmetrico, e da qui nasce l’uso di forze gregarie, di Proxies, nella regione”, spiega l’analista.

Una connessione, quella tra l’Iran e i suoi Proxies, che prevede una fornitura di armamenti da parte iraniana, un inquadramento gerarchico che fa sempre capo a Teheran e programmi per l’addestramento delle forze militari.

“Inoltre (i Proxies) ricevono dall’Iran ingenti finanziamenti, che avvengono sia nella forma di fondi che nel trasferimento di valore attraverso forniture di materiali di vario genere, compresi gli armamenti. Finanziamenti che permettono a queste formazioni di avere l’impatto e l’influenza che hanno acquisito nel corso del tempo”, osserva Ottolenghi.

Uno sforzo bellico, quello dell’Iran, che deve innanzitutto aggirare i problemi legati all’isolamento e alle sanzioni. “Ricordiamo che, siccome l’Iran è sotto sanzioni da decenni, parte della fornitura di componenti per programmi missilistici e droni deriva da reti dedite alla ricerca di tecnologie occidentali, attraverso imprese e intermediari che sono spesso legati ideologicamente e che operano in tutto il mondo. Reti, quindi, che si procurano tecnologia avanzata occidentale, e la loro presenza si incontra in Europa, nel continente americano, in Cina, in Asia, in Africa e nel Medio Oriente stesso. Spesso sono imprese di facciata gestite da gruppi di Proxies o iraniani stessi, che con complesse reti fanno arrivare in Iran la tecnologia militare necessaria”, spiega l’analista.

Uno sforzo che, anche in questo caso, vede lavorare in sinergia l’Iran e i suoi Proxies e che, anche in questo caso, necessita di un ingente flusso di denaro. Le organizzazioni gregarie, “i cui bilanci sono cresciuti drammaticamente negli ultimi vent’anni”, sempre di più si affidano anche a un finanziamento indipendente di varia natura – osserva Ottolenghi – che si appoggia a Ong o che si avvale della partecipazione di membri delle comunità della diaspora in attività illecite, “di solito con un’interfaccia con la criminalità organizzata internazionale, dove membri delle comunità diasporiche dei Proxies – principalmente dei libanesi, Hezbollah – facilitano come intermediari le attività del crimine organizzato internazionale in cambio di una commissione per i loro servizi”.

Si tratta dunque di entrate parallele al di fuori del finanziamento diretto iraniano, ma “le reti di movimentazione di valore e di merci, che Hezbollah utilizza per autofinanziarsi, all’occorrenza possono essere attivate anche per acquistare tecnologia, armi o componenti di sistemi offensivi di cui l’Iran ha bisogno. Ci sono stati casi, in passato, dove queste stesse reti utilizzate da Hezbollah sono state usate anche per acquistare tecnologia che l’Iran non può ottenere legalmente sul mercato internazionale. Quindi c’è una simbiosi tra questi sistemi”, conclude Ottolenghi.

Su quale possa essere la soluzione per “spezzare” questa simbiosi, il senior advisor di 240 Analytics non ha dubbi. “Dobbiamo pensare all’Iran come a una potenza regionale egemonica guidata da un’ideologia che usa dei satelliti per far avanzare i suoi obiettivi.

In altre parole, possiamo pensare all’Iran e ai suoi Proxies un po’ come ai satelliti sovietici, che esistevano al di fuori dell’Unione Sovietica per far avanzare gli obiettivi di un impero con un’ideologia durante la Guerra fredda. L’Iran non è certo comparabile all’Unione Sovietica per risorse, influenza, impatto, però guarda a se stesso, in un modo o nell’altro, come a una versione islamica rivoluzionaria di quel progetto.

Quindi i Proxies servono ad estendere il potere dell’Iran e quindi, di nuovo per analogia, dobbiamo ricordare che noi non siamo riusciti a sconfiggere l’avversario comunista durante la Guerra fredda, a risolvere completamente il problema fin tanto che c’era un’Unione Sovietica”, osserva l’esperto.

“Lo stesso è per l’Iran. Fin tanto che il regime iraniano, con la sua ideologia sovversiva, continuerà a sopravvivere, a resistere, ad avere risorse per promuovere le sue ambizioni egemoniche nella regione e la sua ideologia nel mondo, colpire solo i Proxies non sarà sufficiente. Certamente, colpire le loro risorse finanziarie e i canali di trasferimento li indebolisce, indebolisce la causa iraniana e gli scopi che si prefigge. Ma fintanto che l’Iran sarà in mano al regime che lo governa oggi, questo regime continuerà a cercare di raggiungere i propri obiettivi. Quindi la politica che dobbiamo prefiggerci è proprio quella di neutralizzare l’impatto negativo dei Proxies andando a colpire direttamente l’Iran”, conclude Ottolenghi.

– Foto staff Ottolenghi –

(ITALPRESS)