Papa Francesco, l’inviato del FQ: in Argentina figura ambigua per le sue posizioni a tempi della dittatura militare

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Argentina's Cardinal Jorge Mario Bergoglio

Come vede l’operato di Francesco l’opinione pubblica della città dove Jorge Mario Bergoglio è nato e ha trascorso moltissima parte della sua lunga vita? Ho passato tre settimane a Buenos Aires, incontrando molte persone e chiacchierando con il più importante sociologo della religione dell’Argentina, il professor Fortunato Malimaci.

Mi sono reso conto di come si guarda a Francesco da sinistra, ovvero da quella parte dello schieramento politico e sociale che in quasi tutto il resto del mondo stravede per il papa argentino. E a sinistra ci sono due atteggiamenti sulla personalità, le scelte e il ruolo di Bergoglio-Francesco.

Il primo è quello di coloro che su di lui non hanno, in questi anni di papato, cambiato opinione e continuano a ritenerlo un uomo ambiguo e assetato di potere nonché, come provinciale dei gesuiti, un complice della dittatura militare negli anni Settanta. Un raffinato doppiogiochista capace, da un lato, di dare la sensazione di difendere i suoi sacerdoti più impegnati nel sociale e più vicini alla sinistra radicale, dall’altro talmente privo di scrupoli morali da segnalarli ai torturatori come soggetti pericolosi e inaffidabili. Il doppio gioco di Bergoglio sarebbe provato da nuovi documenti portati alla luce dagli archivi in questi ultimi anni e aggravato dal fatto che, come vescovo di Buenos Aires e primate della Chiesa argentina, Bergoglio avrebbe sistematicamente cercato di sminuire o negare le responsabilità avuta da tanta parte dell’istituzione religiosa nell’incoraggiare e sostenere il “terrorismo di stato”, la violenza delle giunte militari contro la sinistra sociale e politica.

Insomma, per chi appartiene a questo prima corrente di opinione, gli “intransigenti” guidati dal giornalista Horacio Verbitsky, la riabilitazione di Bergoglio è semplicemente impossibile e il suo successo come pontefice non dimostra altro che l’eccezionale qualità del fiuto politico dei gerarchi cattolici, capaci di collocare al vertice dell’istituzione un uomo dall’apparenza simpatica e gioviale, dal tratto caloroso tipico di tanti “porteni” (gli abitanti di Buenos Aires), ma in realtà cinico e spietato.

Il secondo gruppo, che definirei dei “pragmatici”, sino al 2013 ha condiviso sostanzialmente l’opinione di Verbitsky e degli intransigenti considerando quindi il cardinal Bergoglio un conservatore dal passato discutibile e sospetto, un gerarca bramoso di potere, la cui designazione al soglio di Pietro, salutata con entusiasmo da tutta la destra argentina, non poteva che essere considerata, nel 2013, la peggiore delle disgrazie. Gli esponenti della sinistra pragmatica condividono con gli intransigenti altre valutazioni della personalità e dei progetti di papa Francesco: per esempio, sono fermamente convinti che il papa non abbia alcuna intenzione di riformare la Chiesa e si stupiscono che qualcuno possa ancora pensarlo. Mai infatti, negli anni precedenti la sua designazione a pontefice, Bergoglio ha fornito segnali di simpatia verso le posizioni riformatrici, né come leader dei gesuiti argentini, né tantomeno come vescovo di Buenos Aires nominato da Wojtyla, né come cardinale (per volontà sempre del pontefice polacco).

I pragmatici riconoscono anche l’astuzia comunicativa e politica di un uomo che da papa sorride a chiunque, ma che da vescovo, lo dicono gli argentini e se ne trova conferma nei tanti video in circolazione su YouTube, non sorrideva mai, esibendo al contrario immancabilmente una posa accigliata e seriosa. I pragmatici fanno ancora osservare che, da cardinale, Bergoglio si rifiutò, in nome della prudenza politica, di ricevere le madri di Plaza de Mayo, ovvero le donne che coraggiosamente chiedono, sin dagli anni della dittatura militare, di conoscere il destino dei loro figli e nipoti fatti scomparire dai militari golpisti.

In definitiva, tutta la sinistra argentina mantiene intatta la diffidenza sulle qualità morali e sull’opportunismo politico di Bergoglio, Eppure i pragmatici ammettono che da quando costui è diventato papa qualcosa è cambiato.

La ragione del cambiamento di atteggiamento di buona parte della sinistra argentina risiede nell’attenzione che il papa dedica alle questioni sociali, nella sua decisione di dare priorità e risalto ai temi della lotta alla povertà e alle diseguaglianze, nella sua avversione al pensiero liberale e alle ricette economiche delle grandi istituzioni sovranazionali.

Il merito di Francesco risiederebbe nell’aver affrontato di petto quello che Fortunato Malimaci ha definito in uno dei suoi saggi “il grande tema che da numerosi lustri si pone al mondo cattolico: come affrontare la modernizzazione capitalista del Dio mercato, Dio individuo e Dio denaro.”

É su questo terreno che Francesco si è guadagnato la stima del peronismo di sinistra che tanto avversava il cardinal Bergoglio ai tempi delle sue furiose battaglie contro la coppia progressista dei Kirchner.

É nella prospettiva di una lotta serrata alle diseguaglianze che il messaggio di Francesco potrà pesare, così si spera a sinistra, nell’imminente campagna elettorale per il rinnovo della carica di capo dello Stato.

In Italia sono molti a pensare che tra qualche tempo, sul terreno dell’accoglienza dei migranti, possa avvenire la stessa cosa anche da noi.