
(Adnkronos) – L'indimenticato skipper dell’America’s Cup 1992 al timone de Il Moro di Venezia, Paul Cayard, ha da sempre l'Italia nel cuore ed ha gioito alla notizia che la Coppa America di vela si correrà a Napoli nel 2027. Nel 1992 fu la prima volta in cui un’imbarcazione italiana conquistò la Louis Vuitton Cup e si augura in un'intervista all'Adnkronos che una barca italiana possa essere ancora protagonista.
L’America’s Cup arriverà a Napoli, un successo per l'Italia?
"Sono molto contento, soprattutto perché l'Italia ha tanti tifosi, il popolo italiano è veramente appassionato per la vela, ma credo ancora di più della Coppa America, per la nostalgia, per la storia, per i personaggi che l'hanno resa sempre più famosa, da Agnelli che ha iniziato, a Raul Gardini, un po' con Gucci e ultimamente con Bertelli e Tronchetti Provera. Tutte queste cose rendono la Coppa molto interessante per gli italiani, che si appassionano anche ai velisti come Francesco Bruni ultimamente, come Francesco De Angelis prima, e anche a me che nel 1992 ho gareggiato con il Moro di Venezia e ricevo sempre tanto affetto dall'Italia. Io so cosa vuol dire gareggiare per questo bellissimo Paese ed è veramente un grande piacere ospitare questo evento per tutti coloro che la rappresentano ed è giusto che se si godano la Coppa America in Italia fra due anni".
Sarà in Italia per seguirla?
"E' un po' presto per dirlo, ma non ho piani. La notizia mi ha dato un gran sorriso quando l'ho saputo e ovviamente ho pensato di venire, non lo so in quale veste però".
Ci potranno essere più barche italiane oltre a Luna Rossa?
"Sì, sarebbe bello, ma la Coppa America di oggi è molto tecnologica, è molto difficile entrare. Ho sentito che vogliono fare le gare nella primavera del 2027, tra due anni praticamente. Il tempo è molto breve e non credo che ci saranno nuove sfide. Se ci saranno forse non saranno tanto forti, perché è troppo difficile entrare in questo 'gioco'. C'è troppo poco tempo per preparare una barca e una squadra competitiva. Oggi è tutto molto tecnologico, quindi non è solo prendere la barca e mettere a bordo un equipaggio molto forte, la tecnologia dietro queste barche è molto complessa, ci sono tutti i sistemi idraulici, tutti i sistemi elettronici, è una barca fatta di sistemi, probabilmente come la Formula 1".
Quanto è diversa questa Coppa America da quella in cui regatava con il Moro di Venezia?
"E' molto diversa. Il Moro di Venezia era nella prima coppa che ha utilizzato quella classe di barche, che si chiama International America's Cup Class. E l'ultima di quel tipo era a Valencia. E quelle coppe, che sono state cinque, erano per me le più belle dal punto di vista della squadra, dell'equipaggio, delle lotte in mare. Grandi sfide che ho fatto con Prada nel 2000, con America One, le orzate, gli spinnaker che si strappavano. Era una dramma in mare. Anche Luna Rossa di Jimmy Spithill nel 2007 con le partenze che ha fatto contro Oracle sono state spettacolari. Tutti questi tipi di drammi, di storie, non accadono più. È la tipologia di barca che crea una competizione diversa. Oggi la competizione è più come correre i cento metri d'atletica. C'è la corsa, certamente, però un po' tutti rimangono nella loro corsia. Gli scontri tra le due barche sono quasi inesistenti. Invece nelle sfide nel '92, '95, 2000 c'era lo scontro, il combattimento, mano a mano, praticamente. E credo che questo fosse molto divertente per gli equipaggi perché facevano la differenza ed era anche più interessante per i tifosi, anche se magari più interessante per coloro che conoscevano la vela. Questo è il concetto dietro queste nuove classi di barche a vela: avendo una barca più veloce, si rende la corsa più interessante a chi non conosce la vela. Non so se questo è vero o no, ma questa è la filosofia".
Ora ci sono anche i ciclisti in barca…
"Questo è un gran peccato. Ho sentito uno di questi campioni del ciclismo che ha detto 'mi piace tanto e spero che dopo la Coppa mi faranno qualche lezione di vela per andare in barca'. E questa è una persona che ha vinto la più alta competizione del nostro sport. È come avere qualcuno nella nazionale italiana di calcio che non ha mai calciato un pallone. Possono rimpiazzare questi quattro ciclisti con un motore elettrico. Loro stanno creando energia e per rendere umano questo aspetto invece che motorizzata hanno questi quattro ciclisti. Sicuramente loro sono i più grandi atleti che abbiamo mai visto probabilmente nella Coppa America. Questi sono veri atleti, però è un po' strano, è come un sport mix, tra vela e ciclismo. Ma una cosa che ho capito adesso che ho 65 anni è che il mondo cambia sempre e che le cose saranno diverse e lo devi accettare. La cosa interessante di queste barche è la tecnologia, il fatto che possono andare, diciamo, tre volte la velocità del vento. Questo è impressionante".
Ma le piace la Coppa America di oggi?
"Dico sempre che sono molto contento di aver fatto le coppe quando le hanno fatte".
Le piacerebbe provare a portare questo tipo di barche della Coppa America attuale?
"Mi piacerebbe sicuramente andare in barca, magari anche fare la Coppa America però l'interesse di queste barche, secondo me, è lo sviluppo tecnologico. È un po' come Formula 1, dove il pilota deve lavorare molto con i tecnici. La squadra che vince è quella che ha il pilota che sa lavorare con la squadra tecnica, con gli ingegneri. Quindi non solo pilotare, ma dare indicazioni all'ingegnere, sulle sospensione o sullo sterzo. Questa era la forza di Schumacher. Era molto forte a dare queste informazioni e questi feedback. I ragazzi che fanno la Coppa America oggi sono molto fortunati perché ricevono molte informazioni tecniche e scientifiche, è molto interessante e molto di più di quello che abbiamo avuto noi. Noi abbiamo anche imparato tante cose al nostro tempo, però è molto più elevato oggi".
Oggi Paul Cayard a cosa si dedica?
"Io faccio ogni anno il campionato del mondo di Star, che è la classe con la quale sono andato alle Olimpiadi e sono presidente della classe internazionale. E infatti sarò in Italia fra tre settimane a fare un campionato europeo a Viareggio. Poi mi occupo di aiutare i nostri velisti giovani che cercano di andare alle Olimpiadi. America One, che è la squadra con cui ho fatto la Coppa del 2000, oggi è una fondazione e noi aiutiamo anche a trovare i fondi per aiutare questi giovani ad andare ai Giochi. E i prossimi saranno in casa a Los Angeles 2028. Poi faccio ancora un po' di vela, professionalmente, con grandi barche. Se mi piace competere? Sì, io sono molto competitivo sicuramente". —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)