I Pfas riducono gli anticorpi nei bambini vaccinati: uno studio dell’Università di Padova svela il meccanismo

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Nuove inquietanti conferme sulla pericolosità per la salute delle sostanze perfluoroalchiliche, i famosi – o meglio famigerati – Pfas che stanno contaminando acqua e aria in diverse parti del mondo, e l’Italia non fa eccezione: un recente studio dell’Università di Padova ha analizzato i meccanismi che potrebbero spiegare la ridotta risposta ai vaccini osservata nei bambini esposti a queste sostanze. L’indebolimento della risposta vaccinale in età pediatrica è infatti l’effetto più documentato e rilevante associato al Pfas nell’uomo, secondo le principali agenzie sanitarie internazionali. Era già emerso in diverse regioni del Nord Europa e negli Stati Uniti come i bambini residenti in aree con maggiore esposizione al PFOA (uno dei Pfas più diffusi) avessero concentrazioni di anticorpi più basse dopo i richiami per tetano, difterite, morbillo e altre vaccinazioni di routine. Il nuovo studio padovano, realizzato dai professori Carlo Foresta e Francesco Cinetto dell’Università di Padova in collaborazione con i professori Luca De Toni e Andrea Di Nisio, fornisce una tessera importante del puzzle: mostra infatti come il PFOA interferisca direttamente con i linfociti B, le cellule che generano gli anticorpi, alterando meccanismi fondamentali per la risposta immunitaria.

Lo studio è durato oltre un anno e mezzo, da giugno 2024 a ottobre di quest’anno. I ricercatori dell’Università di Padova hanno osservato in laboratorio il comportamento di campioni di linfociti B provenienti da donatori di sangue sani e mai esposti a PFAS, una volta esposti a tali sostanze. Ebbene, secondo i risultati ottenuti, i linfociti esposti allo PFOA non solo proliferano e si attivano meno, ma dimostrano anche un rallentamento nella maturazione. Questo determina una produzione significativamente inferiore di anticorpi, ed in particolare di immunoglobuline G, gli anticorpi che identificano la memoria immunitaria in grado di fornire una protezione duratura dopo le vaccinazioni che vengono praticate durante l’infanzia. La riduzione osservata nella produzione di anticorpi, tra il 30% e il 45%, è coerente con i risultati degli studi epidemiologici che negli ultimi anni hanno documentato risposte vaccinali più deboli in bambini che vivono in aree con alti livelli di PFAS.

I risultati della ricerca saranno presentati alla tavola rotonda “Esposizione a PFAS e manifestazioni cliniche: strategie di intervento sanitario”, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato della Repubblica, organizzato su iniziativa del Presidente della 7ma commissione permanente Sen. Roberto Marti.

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Il prof. Carlo Foresta

Il professor Foresta spiega che questo studio rappresenta un passo avanti decisivo nella comprensione degli effetti dei PFAS sul sistema immunitario umano: «Da tempo osserviamo – precisa il prof. Foresta – attraverso le indagini epidemiologiche, come i bambini esposti a elevate concentrazioni di queste sostanze mostrino risposte vaccinali ridotte, ma mancava una dimostrazione chiara dei meccanismi cellulari coinvolti. I nostri risultati indicano che il PFOA interferisce direttamente con il funzionamento dei linfociti B, confermando che l’impatto dei PFAS non è un’ipotesi teorica, ma un rischio concreto per la salute dei più piccoli. È un’evidenza che deve richiamare l’attenzione delle istituzioni e della comunità scientifica. La nostra speranza – conclude –  è che questo lavoro contribuisca a rafforzare la consapevolezza sulla necessità di limitare l’esposizione a questi composti e di tutelare con maggiore determinazione la salute dei bambini».