
Una nuova relazione scientifica dell’ISPRA e dello studio Sottani rivela livelli altissimi di PFBA nelle acque legate alla Pedemontana Veneta. Il COVEPA prepara un nuovo esposto parlando di “danno ambientale grave e persistente” che minaccia falde e salute pubblica.
Il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa (COVEPA) lancia un nuovo allarme ambientale: le analisi effettuate nei pressi dei cantieri e delle gallerie della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV) evidenziano una contaminazione da PFBA – un derivato dei PFAS – con valori record che raggiungono i 661.000 nanogrammi per litro all’uscita del tunnel di Malo–Castelgomberto.
Il dato, contenuto nella relazione del dottor Andrea Sottani, conferma quanto già documentato nel rapporto tecnico-scientifico CRE-ETF 15/2025 dell’ISPRA, commissionato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE): una contaminazione diffusa e persistente che interessa le acque di drenaggio delle gallerie di Malo e Sant’Urbano e le terre da scavo distribuite in numerose cave tra Bassano del Grappa e Montecchio Maggiore.
Le concentrazioni riscontrate – spiega il COVEPA – superano da 30 a 240 volte i limiti massimi consentiti per l’acqua potabile. Nei piezometri e nei pozzi di monitoraggio si registrano valori fino a 24.100 ng/L, mentre nei canali di scarico i livelli si attestano su oltre 1.500 ng/L. Il PFBA, altamente mobile e resistente alla degradazione, è in grado di penetrare rapidamente nel terreno e raggiungere la falda profonda dell’Alta Pianura Vicentina, con un rischio concreto per il sistema idrico e per la salute umana.
Nel Tavolo tecnico regionale tenutosi a Venezia il 17 giugno 2025, ARPAV, Regione Veneto e i gestori idrici hanno confermato il quadro critico: otto pozzi d’acqua potabile chiusi in zona Caldogno, superamenti del limite di 100 ng/L per la somma di PFAS e prime misure di emergenza per adattare gli impianti di potabilizzazione. «Siamo davanti a un’emergenza ambientale che richiede trasparenza, coordinamento e dati pubblici», ha sottolineato il direttore regionale Paolo Giandon, chiedendo la pubblicazione in open data di tutte le analisi.
Dallo studio Sottani, commissionato dalla Regione Veneto, emergono inoltre due aspetti particolarmente allarmanti: gli impianti a carboni attivi installati a Malo non garantiscono una filtrazione completa, e la migrazione del contaminante nelle falde resta in gran parte non quantificata.
Alla luce di questi risultati, il COVEPA ha annunciato un nuovo esposto per chiedere accertamenti penali e amministrativi, oltre a una revisione delle autorizzazioni di scarico della SPV. «La contaminazione da PFBA non è più un rischio potenziale, ma un disastro ambientale in corso – si legge nella nota –. Coinvolge acque superficiali, falde sotterranee e terre da scavo, con rischi per la salute e l’ambiente che non possono più essere ignorati».
Il coordinamento chiede quindi un piano di intervento urgente e una comunicazione trasparente ai cittadini: “La popolazione ha diritto di sapere. È tempo di agire, prima che il danno diventi irreversibile.”



































