Pier Carlo Padoan, l’arte di cadere in piedi: da “accompagnatore” del crac delle banche venete, con Intesa a goderne, a presidente di Unicredit

La notte tra il 25 e il 26 giugno 2017 ha segnato la fine per i soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Per altri, come Pier Carlo Padoan, è stato l’inizio di un'altra carriera

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Carlo Messina (Intesa) e Carlo Padoan, stratega della cessione delle ex Popolari venete a Intesa Sanpaolo
Carlo Messina (Intesa) e Pier Carlo Padoan, stratega della cessione delle ex Popolari venete a Intesa Sanpaolo e ora presidente di Unicredit

Nel giugno 2017, nella notte, e che notte!, tra il 25 e il 26, mentre oltre duecentomila soci/risparmiatori veneti assistevano attoniti all’azzeramento delle loro azioni, l’allora ministro dell’Economia (dal 2013 prima con Renzi, poi con Gentiloni) Pier Carlo Padoan firmava il certificato di morte di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Con un colpo solo – e notturno col dl 99 a vedere la luce– le due banche venivano avviate all’amministrazione coatta, le attività “buone” passavano a Intesa Sanpaolo per un euro (50 centesimi a banca), e le azioni, spesso acquistate con i risparmi di una vita – veniva scaricato nella fossa comune del doppio crac.

Decreto legge 99 presentato da Gentiloni e Pier Carlo Padoan
Decreto legge 99 presentato da Gentiloni e Pier Carlo Padoan

Dietro le quinte, tutto ancora oggi ci sembra già scritto: lo stesso Padoan aveva promosso il Fondo Atlante, presentato come scialuppa di salvataggio ma in realtà imbarcazione affondata prima di salpare. A finanziarlo? Soprattutto Intesa Sanpaolo e Unicredit, che prima ci misero i soldi per aumentare il capitale delle due banche (2,5 miliardi complessivi), e poi, quando tutto fu perduto con sullo sfondo manovre mai chiarite di governi che si sono succediti ma sempre incapaci di (voler) trovare meno soldi di quelli dilapidati dallo Stato per (non) salvare Alitalia, si ritrovarono tramite Atlante 2 a gestire crediti deteriorati di MPS – i famigerati NPL – a loro affidati a condizioni e in quantità molto favorevoli e tali da ripagarli ampiamente del presutno “sacrificio”.

A distanza di anni, nonostante processi celebrati non con tutti gli imputati che li avrebbero meritati – i più “intoccabili” sono stati quelli del “Sistema” che non ha visto quello che succedeva sotto il suo “non” controllo -,  i nodi non sono mai arrivati al pettine, ma Pier Carlo Padoan sì: è arrivato rapidamente, ad aprile 2021, dalla carriera politica alla presidenza di Unicredit, banca che ora e da mesi è impegnata in mosse strategiche in Italia (vedi Banco BPM) e in Germania (Commerzbank). Il presidente oggi rassicura che “il cda è compatto” mentre la stampa finanziaria racconta di tensioni, veti governativi e strategie “ostili” verso le banche tedesche. Ma per Padoan, tutto va bene: anche la memoria corta del Paese.

Sia chiaro, non ci sono accuse verso un esperto economista come Padoan, ma un dato resta: chi ha perso tutto non siede nei cda, ma nei salotti amari dei truffati. Chi ha gestito il disastro, invece, ha trovato posto ai vertici della finanza europea.

Come sempre in Italia, il potere non evapora: semplicemente cambia abito, poltrona e… consiglio d’amministrazione.