
Nel settimo anniversario del crollo del Ponte Morandi, che il 14 agosto 2018 provocò 43 vittime, Rifondazione Comunista torna all’attacco denunciando “l’ipocrisia del finto cordoglio” di esponenti di governo e opposizione che, a loro dire, portano precise responsabilità politiche.
Maurizio Acerbo, segretario nazionale, Jacopo Ricciardi, segretario regionale Liguria, e Gianni Ferretti, segretario della federazione genovese, rivendicano “con orgoglio” che il loro partito fu “l’unico a opporsi alla privatizzazione delle autostrade”.

Secondo Rifondazione, la strage “fu causata dalla sciagurata privatizzazione voluta dal centrosinistra e dalla destra”, con concessioni “costruite su misura per i privati, senza controlli” e con “una clausola assurda” introdotta dal quarto governo Berlusconi, che prevedeva indennizzi miliardari in caso di scioglimento anticipato del rapporto concessorio.
La cosiddetta “norma salva-Benetton” — votata nel 2008, quando tra i ministri figuravano Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Raffaele Fitto, Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Anna Maria Bernini e Roberto Calderoli — secondo PRC condizionò la gestione post-crollo: “Invece di revocare la concessione, i governi Conte 2 e Draghi decisero di ricomprare le quote di Atlantia per 9,5 miliardi, arricchendo ulteriormente i Benetton anche dopo la tragedia”.
Per Acerbo, Ricciardi e Ferretti “le 43 vittime sono state ammazzate due volte” e il Ponte Morandi resta “il simbolo del fallimento delle privatizzazioni e dell’asservimento della politica agli oligarchi dell’economia italiana”.
“Quello delle autostrade è stato un gigantesco furto ai danni del popolo — concludono — un saccheggio del patrimonio pubblico che dura da trent’anni. Chi oggi ostenta il cordoglio dovrebbe avere la dignità di chiedere scusa”.