
Il Governo Meloni è intenzionato a riscrivere la delibera Cipess per lo stanziamento dei 13,5 miliardi di euro destinati al Ponte sullo Stretto, accantonando quella precedentemente bocciata dalla Corte dei Conti. L’obiettivo è evitare di dover ricominciare l’intero iter da capo con una nuova gara d’appalto, un’opzione che, secondo il Ministro Matteo Salvini, equivarrebbe a rinunciare definitivamente all’opera.
La notizia, riportata oggi su La Repubblica in un articolo a firma di Tommaso Ciriaco e Antonio Fraschilla, spiega che questa scelta comporterà tempi più lunghi rispetto a quelli auspicati dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti per la posa della prima pietra, rendendo “impensabile” l’avvio dei lavori a gennaio o entro l’estate.
Le motivazioni del rinvio e i rilievi della Corte dei Conti
La decisione di riscrivere il provvedimento arriva dopo una riunione tecnica a Palazzo Chigi, alla presenza del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei dirigenti dei Ministeri competenti, per rispondere ai rilievi mossi dalla Corte dei Conti che aveva negato il “bollino” alla delibera.
Tra le principali motivazioni dei magistrati contabili figurano la carenza di documentazione a sostegno della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, il mancato rispetto delle direttive europee su ambiente e appalti, e l’assenza dei pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Autorità dei trasporti.
La strategia del Governo per evitare la nuova gara per il Ponte sullo Stretto
La soluzione emersa dal tavolo tecnico è quella di presentare una seconda delibera Cipess, più corposa, accompagnandola con una serie di nuove relazioni e atti a sostegno del progetto, un lavoro che richiederà mesi.
Questa è considerata l’unica opzione perseguibile per salvare l’appalto del 2003, vinto dal consorzio Eurolink, ed evitare di bandirne un altro, che sarebbe aperto alla concorrenza internazionale. Come evidenziato dai tecnici, questo comporterebbe il rischio che “operatori giapponesi, cinesi e americani possano entrare nell’affare, per di più su un’opera strategica per il Paese”.
Resta tuttavia un ultimo scoglio sollevato dalla Corte dei Conti: la necessità di rifare una nuova gara poiché nel progetto riesumato i criteri di finanziamento sono cambiati radicalmente (nel 2003 i costi erano a carico del privato, ora sono a carico dello Stato). I tecnici, tuttavia, sperano di aggirare l’apertura di una procedura di infrazione europea per lesione della concorrenza rispettando il tetto del 50 per cento dell’aumento complessivo dei costi rispetto al 2003, considerandola l’unica possibilità per evitare lo stop definitivo.



































