Per prendere il potere, il partito di Marine Le Pen deve completare la sua trasformazione? La parola chiave è pragmatismo verso l’Europa

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Europa, serve pragmatismo a Jordan Bardella e Marine Le Pen [Account X di Jordan Bardella]
Europa, serve pragmatismo a Jordan Bardella e Marine Le Pen [Account X di Jordan Bardella]

8 dicembre 1978. In Italia si dibatte se entrare a far parte del Sistema Monetario Europeo (SME), uno dei primi tentativi di coordinamento monetario europeo. In Spagna si è appena votata la nuova Costituzione democratica, completando una transizione alla democrazia che farà scuola e sarà un modello per molti dei Paesi che abbandoneranno regimi militari nei decenni successivi, in Europa e nel resto del mondo. In Iran si è nel mezzo della crisi che porterà alla destituzione dello Scià. Eventi fondamentali. Passaggi dimenticati di aspetti che sono ancora evidenti oggi. la moneta che abbiamo in tasca, una Spagna democratica, un Iran teocratico.

Eppure l’8 dicembre 1978 arriva anche due giorni dopo un giorno fondamentale di qualcosa che è facile dimenticare, anche per i più appassionati di politica internazionale ed europea: è l’Appello di Cochin di Jacques Chirac del 6 dicembre. Presidente della Repubblica francese dal 1995 al 2007, nonché prima Sindaco di Parigi, deputato, ministro, Primo Ministro e in ogni caso una colonna portante delle istituzioni per oltre 40 anni, sentì il bisogno, in quella mite giornata parigina di quasi 50 anni fa, di lanciare un appello ai francesi contro il pericolo di un’Europa sovranazionale.

Il discorso è violento, netto, brutale. È contrario all’allargamento della Comunità Europea a Spagna e Portogallo, contrario a maggiori competenze europee, contrario all’esistenza di una politica estera comune. L’allora leader della destra francese arriva a dire che “tutto porta a pensare che, dietro la maschera delle parole e del gergo dei tecnocrati, stiamo preparando l’assoggettamento della Francia, stiamo acconsentendo all’idea del suo degrado.”

È un discorso già noto a chi ha vissuto le tante battaglie europee degli ultimi quindici anni. Ogni avanzamento nell’integrazione europea, seppur flebile, è visto come una minaccia a una supposta sovranità nazionale. L’incapacità nazionale di rispondere alle sfide globali spinge molti a cercare di chiudersi al cambiamento invece di guardare in faccia il futuro insieme ai cittadini francesi, tedeschi, spagnoli, polacchi… In altre parole a quei compagni di viaggio con cui condividiamo il continente.

Il partito di Chirac del 1979 si chiamava Rassemblement pour la République. Era un movimento chiaramente conservatore, nazionalista, patriottico. Era antifascista, perché nato dalla battaglia per la libertà nazionale francese portata avanti dal Generale De Gaulle nel corso della seconda guerra mondiale. Era, quindi, un partito nazionalista con un DNA antifascista.

Marzo 2018, 40 anni dopo l’appello di Cochin. Il congresso del Front National, il partito di estrema destra nato nella parte di società francese che durante il nazismo aveva avuto posizioni quantomeno dubbie, decreta la trasformazione del Partito in Rassemblement National. La volontà è chiara: assomigliare nel nome e nel posizionamento politico al vecchio partito gollista fondato da Chirac. Prenderne l’eredità nel contesto di una destra tradizionale sconquassata dalla sconfitta elettorale dell’anno prima, in cui non era arrivata nemmeno al ballottaggio. Il target principale sono elettori conservatori e nazionalisti che non sono affascinati dalla proposta del nuovo Presidente Macron, un centrismo pan-europeo e liberale.

Il cambio di nome è in realtà parte di una strategia più generale. Il nuovo Rassemblement National non parla più di uscire dall’Unione Europea o dall’Euro. Affievolisce la sua retorica sulla purezza nazionale. Espelle e caccia chiunque parli positivamente del fascismo o del nazismo. Si concentra sulle priorità dei francesi: il potere d’acquisto, la crisi industriale di alcuni territori, la sicurezza dei quartieri popolari. La strategia ha un nome, chiarissimo: dédiabolisation: dediabolizzazione.

Veniamo alle ultime elezioni legislative, 14 giorni fa. Il Rassemblement National ha perso. Di nuovo. Il secondo turno elettorale è per il movimento di Marine Le Pen una catastrofe che si ripete. Dopo la sconfitta del 2002 di suo padre proprio contro un Chirac diventato padre della patria che ferma l’ondata fascista, Marine Le Pen ha perso i ballottaggi presidenziali del 2017 e del 2022. E ha perso le legislative 2024.

Di cosa manca questa strategia di dediabolizzazione per vincere? Jordan Bardella e Marine Le Pen potrebbero rendersi conto, come capì Chirac nel corso dei primi anni ‘90, che il pragmatismo dell’integrazione europea è necessario anche per gli interessi dei francesi. Per l’interesse della grandeur francese, soprattutto oggi che l’economia transalpina pesa il 2,7% del PIL mondiale, molto meno del 5,7% del 1978.

La Francia è uno dei due grandi Paesi europei che può illudersi di contare da sola nel mondo. Può illudersi di portare i valori, la storia, i modelli del nostro continente come vanto e riferimento. E di difenderli al proprio interno. Dallo stato sociale alle libertà diffuse, dallo stato di diritto alla società aperta, l’Europa di oggi è un modello di pace unico al mondo.

Ma questa illusione si schianta quando si pensa di fare a meno del progetto di integrazione europea. Su quel progetto di Unione, nato il 9 maggio 1950 dalle parole di un grande francese come Robert Schuman, fondato sul dialogo costante e la mediazione tra Stati che per secoli si sono devastati vicendevolmente in guerre fratricide.

Il movimento nazionalista francese, quindi, dovrebbe rileggere la storia recente della Repubblica e dell’Europa. Capire perché la moneta unica, a cui Chirac era violentemente contrario nel corso degli anni ‘80, fu accolta e portata avanti dallo stesso Chirac quando divenne Presidente. La parola chiave è pragmatismo.

Oggi un bilancio comune stabilmente più grande, una politica fiscale più coesa e una politica industriale che favorisca campioni europei sono tutte scelte pratiche che convengono ai cittadini, alle imprese e allo Stato francese. In particolare, convengono a una Francia che ha ancora grandi industrie nazionali, che rischiano nei prossimi decenni di essere spazzate via dalla competizione globale, in assenza di un sistema finanziario, di aiuti pubblici comuni e industriale adatto alle complesse evoluzioni tecnologiche attuali.

La scelta europea, consapevole per pragmatismo quando non può esserlo per idealità, è la chiave di tutte le forze politiche antisistema per accedere al potere: è accaduto ai comunisti italiani e alla destra conservatrice francese in altri tempi. È accaduto a Fratelli d’Italia nel 2022.

Il modello opposto, ossia quello della sfida totale alle regole comuni dell’Europa, quello sperimentato dal governo giallo-verde in Italia o da Syriza in Grecia, porta spesso alla crisi di questi esperimenti politici.
Quale sarà allora la scelta di Jordan Bardella e Marine Le Pen?

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Enrico Peroni
Radici familiari in Valchiampo, nato e cresciuto nell'urbe vicentina, segretario della sezione della città del Movimento Federalista Europeo dal dicembre 2019, Amministratore Delegato di ICS (Istituto Commercio Servizi), società che si occupa di presentazione e gestione di contributi a fondo perduto per imprese, enti pubblici e terzo settore. La mia passione politica nasce nell'adolescenza. Prima al Liceo Quadri, poi come fondatore e presidente della prima associazione LGBTQ+ di Vicenza, Aletheia, dal settembre 2006 al gennaio 2009 e infine come militante di partito. Sono stato segretario del Pd di Vicenza per due volte nel periodo compreso tra il 2010 e il 2018. Nel frattempo mi sono laureato in Diritto dell'integrazione europea e poi ho completato un Master di i Livello in Governo delle reti di sviluppo locale. Professionalmente sono stato assistente di tre europarlamentari tra il 2013 e il 2019, prima di dedicarmi pienamente all'attività di libero professionista e poi di imprenditore. Tre fari in ogni cosa di cui mi sono occupato: costruire comunità, favorire la libertà, conoscere il passato e capire il presente con gli occhi e la mente rivolti al futuro.