Processo BPVi 30 settembre, ex audit Massimo Bozeglav in video. Salvadori costretto al pressing su sua memoria

Di
Giovanni Coviello - Direttore responsabile
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Il 30 settembre a deporre al processo BPVi è stato chiamato Mammimo Bozeglav, ex responsabile audit della Popolare vicentina (l’organo interno di vigilanza sulle procedure della società), che, con una apparente calma serafica e spesso a voce bassissima, come se il dirigente siciliano di Caltanissetta volesse apparire più che riservato, ha fatto lavorare non poco il pm Gianni Pipeschi e il collegio presieduto da Deborah De Stefano con giudici a latere Elena Garbo e Camilla Amedoro.
L’aula era un po’ meno vuota, come da noi ultimamente lamentato, dei legali dei risparmiatori oltre ai sempre presenti avvocati Michele Vettore e Paolo Ciccotto, che si stanno anche gradualmente adattando alle potenzialità e alle risorse maggiori dei navigati avvocati delle difese, e addirittura, sia pure per poco, si è fatto vedere il presidente dell’associazione che si autoproclama come la rappresentativa dei risparmiatori azzerati della BPVi.
Nel minor vuoto si è notata ancora di più, però, l’inconsueta assenza nell’aula del processo BPVi di Gianni Zonin anche se fuori si è visto il suo autista.
Dopo le otto ore del 26 settembre occupate con maestria da… Gatti nella sua deposizione come capo del team ispettivo Bce del 2015, oltre sei sono servite al pm Luigi Salvadori ieri, 30 settembre, per far dire qualcosa verbalmente e per far confermare, però, tutto quanto già verbalizzato a Massimo Bozeglav, capo dal 2008 al 2016 dell’audit interno dell’ex Popolare di via Framarin.
L’organo di vigilanza sulle procedure della società riferiva e rispondeva gerarchicamente e direttamente anche al cda, tutto formato da noti professionisti, imprenditori di livello e da rappresentanti delle maggiori categorie, non certo dei parvenus, quindi, e per giunta ben pagati (il top era il milione di euro all’anno più varie ed eventuali per il presidente) per responsabilità che oggi non possono cassare con la spugna del “non sapevo perché mi fidavo“.
E Massimo Bozeglav, proprio come responsabile dell’organo di controllo interno che rispondeva anche a Zonin, che, infatti, lo ha chiamato in causa nell’azione di responsabilità intentata dalla banca in Lca a Venezia contro lui, gli ex amministratori e i sindaci, è stato, a grande fatica, portato a ricordare quanto già da lui verbalizzato davanti ai pm e che ieri pareva spesso non ricordare salvo, poi, confermare ad ogni, ripetuta contestazione documentale di Salvadori, al cui fianco lavorava Pipeschi.
Ritrosie e timori di Bozeglav oltre alle sue défaillance di memoria dopo quattro anni dalle sue prime testimonianze lasciano aperte le porte a tante ipotesi, ma per la cronaca sintetica e per le sensazioni personali vi rinviamo, rispettivamente, alla sintesi puntuale su Il Corriere del Veneto della collega Benedetta Centin e ai nostri video delle due parti in cui abbiamo suddiviso la testimonianza dell’ex responsabile dell’audit (in copertina l’esame di Salvadori, sotto, la seconda fase in cui vengono anche letti i nomi degli avvocati di parte civile presenti), che reticente non è stato solo per l’arte maieutica di Salvadori e la pazienza del collegio…
Alla fine della diciassettesima udienza del processo BPVi Luigi Salvadori è parso affaticato ma soddisfatto per le conferme avute sul coinvolgimento anche di un Consiglio di amministrazione e, quindi, del suo presidente che appaiono spesso essere stati sì i vertici massimi della BPVi ma fattualmente “a loro insaputa” per la soddisfazione dei legali degli unici due imputati di quel consesso, cioè Zonin, che ne è stato presidente per 20 anni dal 1996, e Giuseppe Zigliotto che fin dal 2003 era, presumibilmente, sempre più il portavoce degli imprenditori locali, maestri in gestione aziendale e professori, lo hanno già dimostrato le prove dell’accusa, in operazioni baciate.

N.B. Oltre che i verbali di udienza disponibili ora su bankileaks.com sezione Documenti & Files Premium, proponiamo i video integrali in esclusiva del processo BPVi dall’udienza del 13 giugno su questo mezzo, sul nostro canale YouTube e sul canale streaming VicenzaPiu.tv e LaPiu.Tv (qui il nostro palinsesto) visibili su Pc e tramite l’omonima App disponibile gratuitamente per l’ambiente iOs e Android.

«Bpvi, assodato che il cda sapesse delle azioni baciate»

L’ex capo dell’Audit, Bozeglav: «A Ravazzolo fondi per 80 milioni, la cosa era palese»

di Benedetta Centin da Il Corriere del Veneto

Il consiglio di amministrazione di Popolare di Vicenza non poteva non sapere dei finanziamenti correlati all’acquisto di azioni. Perché era stato lo stesso Cda ad aver deliberato quei finanziamenti, anche d’importo rilevante. «Baciate» anche in perdita per la banca. È quanto ha testimoniato ieri in udienza (assente l’ex presidente Gianni Zonin) al processo per il crac Bpvi Massimo Bozeglav, per otto anni (dal 2008 al 2016) capo dell’Audit Bpvi. Una testimonianza fiume quella dell’ex responsabile dell’organo di vigilanza interno. Che ha raccontato come le baciate risalissero almeno al 2009. «Ma erano per lo più voci, percezioni, nessuna evidenza strutturata – ha spiegato – : operazioni fatte da soci storici (il riferimento è agli imprenditori Loison e Ravazzolo) della durata di 3-4 mesi, a fine anno, che si estinguevano dopo l’assemblea e servivano a svuotare il fondo acquisto azioni». Voci, «non indizi», tali da far scattare verifiche dell’Audit, a detta sua.

«Dal 2011 – aveva formalizzato Bozeglav, sentito dagli inquirenti nel 2015 -ero a conoscenza che in Bpvi c’era la tendenza a far crescere la base sociale attraverso l’affidamento di una quota per l’acquisto di azioni proprie». Ieri in aula ha però precisato che «non era ancora un fenomeno».

Incalzato dalle domande del pm Luigi Salvadori, il testimone ha raccontato di aver avviato accertamenti per verificare quanto denunciato a luglio 2014 in una lettera dal legale del dipendente Antonio Villa, che si era licenziato, rifiutandosi di far «baciate». Venute effettivamente a galla: «Ne erano emerse venti-trenta, oltre i 500 mila euro – ha spiegato il testimone – alcune con margine d’intermediazione in perdita (come quelle della Confrav di Ravazzolo per 140 mila euro, la Sofin per 89 mila e Caovilla per 85 mila), la cui posizione era stata deliberata dal cda».

E ancora: «L’impressione è che il cda dovesse essere consapevole: erano delibere di cui il consiglio doveva essere a conoscenza. Davo per assodato che il cda sapesse di quei finanziamenti. Per me il consiglio era il principale indiziato. Se non volevo essere eliminato dovevo acquisire più elementi, inconfutabili», risponde quando gli viene chiesto come mai, dopo gli accertamenti sulla vicenda Villa, non avesse riferito al cda, a cui l’Audit risponde. Come a dire: se il cda approva i finanziamenti, sa di cosa si parla e far segnalazioni non «carrozzate» può rivelarsi rischioso. cosa E poi, in merito ad altre tredici posizioni anomale emerse ad ottobre 2014: «Non ne parlai al cda per pararmi le spalle. Le stesse analisi di Banca d’Italia dell’ispezione 2012 non avevano eccepito nulla. Come l’Aqr di Bce (le verifiche in vista degli stress test di ottobre 2014 ndr)». Citando più volte l’esempio delle baciate di Ravazzolo: «Novanta milioni di finanziamento, di cui 80 milioni di azioni e 4-5 di obbligazioni: era tutto palese, garanzie identificate in azioni». Come dire: bastava girare la prima pagina per capire che il prestito serviva ad acquistare azioni Bpvi. E il capo dell’Audit non s’interfacciò con il cda e consegnò il report – era settembre 2014 – all’allora direttore generale Samuele Sorato. Che prenderà tempo.

Bozeglav, ha riferito ieri, tornerà alla carica ancora con Sorato, e non con il cda, sollecitando ulteriori accertamenti, a gennaio 2015. Tempo un mese arriveranno gli ispettori Bce che scoperchieranno il vaso di pandora. Allora improvvisamente tutto verrà a galla. Documenti compresi, come le lettere di riacquisto che la banca rilasciava ai soci. Una trentina le lettere emerse che Sorato gli aveva detto di far avere al legale Andrea Gemma «perché le guardasse per sostenere la posizione della banca» . Ma l’allora capo Audit le consegnò invece all’ispettore Bce Emanuele Gatti che sbottò: «E qui vi voglio». Sempre Bozeglav consegnò le schede di valutazioni di merito creditizio di una cinquantina di soci: «Ma era evidente che erano molto deboli – ha spiegato il testimone – Sorato, Giustini (ex vicedirettore) e Balboni provavano ad eludere l’attività degli ispettori»