Processo Pfas, in aula ex componente Cda Miteni: “Inquinamento noto dagli Anni ’70”

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Nuova udienza del Processo sulla contaminazione da Pfas presso la Miteni di Trissino, in provincia di Vicenza. In aula è stato sentito Carlo Maria Gloria, in forza alla società chimica per tre decenni, con varie mansioni: addetto al laboratorio di ricerca, responsabile, dirigente e infine membro del Consiglio d’amministrazione.

Secondo quanto riferito, l’inquinamento era noto alla dirigenza sin dagli Anni ’70. Il Corriere del Veneto, oggi in edicola, riporta alcuni passaggi della deposizione di Gloria che, per la prima volta, venne a conoscenza dell’inquinamento a cavallo tra gli Anni ‘60 e ‘70: “Mi è stato detto che degli acidi venivano versati in una vasca con la calce per neutralizzarli, poi quella vasca venne chiusa – ha affermato il chimico –. Quando la direzione decise di asportare il terreno in cui si trovava la vasca lo ha trovato inquinato: era giallo. Venne prima stoccato in azienda e poi smaltito”.

Vennero effettuati diversi controlli delle acque di falda attraverso dei pozzi, con il consorzio della Valle dell’Agno chiamato a controllare il rispetto dei limiti delle sostanze chimiche nei liquidi scaricati. Alcuni campionamenti avvenivano anche nello stabilimento. Era quindi nota la condizione del sottosuolo, della presenza di residui di sostanze chimiche anche per la vecchia contaminazione, di cui Gloria raccontò ai presidenti di Mitsubishi che si avvicendarono al comando. “Nel 1996 c’era Kimoto, poi è arrivati Komamura e infine, nel 2003 Naoyuki Kimura. Era a loro che mi riferivo, ogni decisione doveva essere approvata dal presidente durante le nostre riunioni mensili – ha affermato Gloria –.

Quando nel marzo 2003 terminai il mio incarico come amministratore delegato (a cui ero stato promosso nel 2000) mandai una mail a Kimura spiegando la storia della contaminazione. Poi lui mi volle tenere come consulente, così lo tenni informato anche delle varie scoperte in letteratura fatte sui Pfas e sui loro effetti, partecipando alle riunioni dell’Epa negli Stati Uniti e ad un incontro anche con l’Istituto superiore di sanità”.

La proprietà giapponese sarebbe quindi stata costantemente informata della contaminazione.

Fonte: Il Corriere del Veneto

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