Diritti delle persone LGBTQ+, uno studio di Preply e un’indagine Istat. Il 26% si sente discriminato sul posto di lavoro.

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I diritti delle persone Queer o LGBTQ+, come i diritti di qualsiasi altra categoria sociale, sono un insieme multiforme di casi, storie e battaglie. Una qualsiasi indagine o analisi risulta pertanto inevitabilmente viziata dalla complessità cui deve fare fronte.

In questa impresa, l’analisi di 50 paesi del mondo per scoprire quali offrano il miglior ambiente per la comunità LGBTQ+, si è cimentato il portale educativo di apprendimento online delle lingue Preply. L’indagine è confluita nella pubblicazione di “LGBTQ+ Rights Index”, che ha esaminato l’uguaglianza giuridica offerta alle persone queer nei vari paesi risultati in relazione alla storia LGBTQ+ dal 1791 a oggi.

L’analisi riguarda gli ambiti di decriminalizzazione dell’omosessualità, matrimonio per tutti, adozione per tutti, protezione contro la discriminazione, protezione contro la discriminazione sul posto di lavoro, diritto di cambiare lo status di genere. In particolare, la ricerca ha preso in considerazione non solo lo status giuridico uguale o meno della popolazione queer, ma anche in quale anno l’uguaglianza è entrata ufficialmente in vigore e se si applica ugualmente a tutti i membri della comunità LGBTQ+. Qualsiasi discrepanza ha influenzato il calcolo. Quanto prima si è verificata la parità, più alto è il punteggio. Di seguito i risultati principali dello studio.

persone queer
LGBTQ+ Right Index; credis: Preply

Innanzitutto, i Paesi che si sono dimostrati i più queer-friendly sono la Norvegia, i Paesi Bassi e la Spagna, mentre l’Italia si trova nella seconda metà della classifica, al 27° posto. I Paesi Bassi sono storicamente il paese più queer-friendly del mondo. La tutela contro la discriminazione esiste dal 1993 e il matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato introdotto nel 2001.

Mentre in quasi tutta l’Unione Europea le persone queer vengono espressamente tutelate e protette, proprio a causa della loro minoranza e stigmatizzazione, in Italia è stata affossata la proposta di inserire all’interno dell’ordinamento giuridico una legge di questo tipo: è la nota vicenda del DDL Zan. Tuttavia, rispetto a molti paesi, l’Italia è molto avanti per quanto riguarda la riassegnazione del genere anagrafico, diritto soggetto a condizioni in diversi paesi. Attualmente in Italia le coppie omosessuali possono unirsi solo attraverso l’unione civile, ma il matrimonio religioso non è ancora previsto.

La comunità queer è priva di protezione in Afghanistan, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. L’omosessualità è punibile fino a dieci anni di reclusione a Dubai, che è paradossalmente una destinazione turistica molto popolare e una città estremamente moderna e innovativa. Per quanto riguarda invece la tutela contro le discriminazioni di genere e orientamento sessuale, la Norvegia ha introdotto una legge specifica per le persone queer nel 1981.

Per concludere, nel 1791 l’omosessualità è stata decriminalizzata in Francia: il paese è stato un pioniere in questo ambito. Hanno seguito poi l’esempio francese la Turchia nel 1858 e il Giappone nel 1881, due Paesi in cui il riconoscimento pubblico dell’omosessualità è attualmente piuttosto difficile e rappresenta un tabù. L’ultimo paese ad aver decriminalizzato l’omosessualità è stata l’India nel 2018.

Proprio qualche ora fa anche Istat, l’ufficio statistico italiano insieme a Unar ha pubblicato i risultati di una rilevazione sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT nel 2020-2021. Dai dati emerge che una persona su 5 ritiene che il proprio orientamento sessuale l’abbia svantaggiata nel corso della vita lavorativa in termini di avanzamenti di carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento delle proprie capacità professionali. È invece meno diffusa l’impressione di uno svantaggio riguardo al livello del reddito. In termini generali, il 26% delle persone occupate o ex-occupate dichiara che essere omosessuale o bisessuale ha rappresentato uno svantaggio nel corso della sua vita lavorativa.

Risultano inesistenti statistiche specifiche sulla situazione del Veneto. Perché?

Preply è stata fondata in Ucraina nel 2013 da Kirill Bigai, Dmytro Voloshyn, e Serge Lukyanov. Da allora la società ha fatturato oltre 15 milioni di dollari e ha più 180 dipendenti di oltre 25 nazionalità che lavorano negli uffici di Kiev e Barcellona.