Speciali weekend. Iran, missili e messaggi cifrati. L’intervista a Giuseppe Arnò: gli USA imparino la lezione

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Attacco Usa, Iran: le opzioni di Teheran: e i piani anti-Trump
Attacco Usa, Iran: le opzioni di Teheran: e i piani anti-Trump

Speciali weekend, nuova sezione. Recentemente su La Gazzetta Italo Brasiliana Online, il direttore Giuseppe Arnò, anche presidente di Asib (Associazione Stampa Italiana in Brasile), del cui Consiglio consultivo ho l’onore di far parte, ha pubblicato un’analisi brillante e provocatoria dal titolo: “Missili, bunker e messaggi cifrati: la lezione iraniana e il telegramma (non troppo) criptato agli amici di Washington”. Un articolo che, tra ironia e lucidità geopolitica, affronta le tensioni tra Iran e Stati Uniti, rileggendole alla luce di una cultura strategica — quella iraniana — tanto millenaria quanto sottovalutata. Ne parliamo con l’autore, in un’intervista che tocca bunker, deterrenza, comunicazione politica e… l’arte della guerra (alla romana, tanto più che il nostro presidente del Consiglio cita i nostro antenati col loro “si vis pacem para bellum“).

Coviello: Direttore Arnò, il suo recente articolo sembra costruito come una raffinata lezione di strategia. Partiamo dalla domanda che lo anima: cosa voleva realmente dire Teheran con quei 60 missili lanciati contro i bunker israeliani?
Arnò: Voleva comunicare molto più di quanto appaia. Quei missili erano insieme un avvertimento, una dimostrazione di capacità e un segnale calibrato. Il fatto che non abbiano causato morti non è un fallimento, come vorrebbero far credere certi commentatori filo-occidentali, ma un messaggio chiaro: “guardate cosa potremmo fare davvero se volessimo”. È la logica della deterrenza con il linguaggio della sceneggiatura persiana: non urlata, ma eloquente.

C.: Lei parla nel suo testo di un “telegramma cifrato” diretto agli USA. Cosa c’era scritto tra le righe?
A.: In sintesi: “Non sottovalutateci, e soprattutto non provocateci oltre misura”. L’Iran, storicamente, non è una potenza impulsiva. È una civiltà che si muove secondo logiche antiche, attente, studiate. Il telegramma all’Occidente è chiaro: “i vostri bunker non vi salveranno se insistete nel pensare che possiamo essere trattati come un nemico qualsiasi”. Quella dimostrazione missilistica era un messaggio di forza, ma anche di equilibrio: non era un attacco, era una risposta contenuta.

C.: In un passaggio dell’articolo lei scrive che “il silenzio, come le crepe nei muri, può essere eloquente”. A cosa si riferiva esattamente?
A.: Al fatto che in guerra — e in diplomazia — contano tanto le parole quanto le omissioni. L’Iran non ha rivendicato trionfalmente l’attacco, ma nemmeno ha negato l’evidenza del suo potenziale. Ha lasciato che fossero gli osservatori internazionali a trarre le conclusioni. È una strategia che destabilizza, perché non concede il conforto del prevedibile.

C.: Gli Stati Uniti, scrive lei, sembrano aver perso la capacità di leggere questi codici. A cosa attribuisce questa cecità strategica?
Arnò: Alla loro narrazione binaria e spesso autoindulgente. Gli USA leggono il mondo con lenti semplificate: amico/nemico, democrazia/dittatura, deterrenza/conflitto. Ma oggi le sfide sono ibride, i messaggi sono incrociati. Se non si torna a una lettura più articolata della realtà geopolitica, anche la superpotenza rischia di muoversi come un gigante miope. L’Iran ha dimostrato di sapere usare la sottigliezza come arma.

C.: Lei dirige da anni La Gazzetta Italo Brasiliana Online e presiede ASIB. Come si inserisce la stampa italiana all’estero in questo tipo di riflessione critica sullo scenario globale?
A.: Il nostro ruolo è proprio questo: dare voce a letture che altrimenti resterebbero sommerse. La stampa italiana all’estero, e in particolare l’ASIB, ha una responsabilità importante: creare ponti interpretativi tra culture, denunciare le semplificazioni, valorizzare il pensiero critico. Questo significa anche decodificare, come ho tentato di fare, quei “telegrammi” geopolitici che molti fingono di non ricevere.

Coviello: Infine, tornando al titolo del suo articolo: oggi chi sono i veri “criptografi” della politica estera?
Arnò (sorride): Quelli che riescono a far arrivare un messaggio complesso con pochi gesti. A volte con un missile, altre volte con un silenzio. Ma sempre con consapevolezza. E con cultura. È da lì che passa la differenza tra l’azione e la reazione.