Stesse opportunità e libertà. La parità non è solo declinare le qualifiche con una “a” finale

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Simona Siotto, vicecapogruppo Lista per Rucco Sindaco
Simona Siotto, vicecapogruppo Lista per Rucco Sindaco, su parità di genere

(Articolo sulla parità di genere di Simona Siotto, vicecapogruppo Lista per Rucco Sindaco, da Vicenza Più Viva n. 3 dicembre-gennaio 2024, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Parlare di parità di genere implica riuscire a conciliare due concetti cardine: uomini e donne hanno uguali diritti di realizzarsi, di avere accesso alle professioni, di libertà nelle loro scelte anche personali di vita, ma al contempo sono tra di loro diversi, non solo fisicamente ma anche nel loro modo di approcciarsi alle situazioni che la vita presenta. Occorre, in altre parole, trovare un equilibrio tra uguaglianza e diversità, per evitare di snaturare le caratteristiche che non solo rendono le donne donne e gli uomini uomini, ma che, alla fine, rendono unico ognuno di noi. Oggi io ho 50 anni, e da quando ho affrontato l’università, la pratica forense ed i primi anni di professione le situazioni sono molto cambiate.
Ricordo bene che, circa 30 anni fa, una giovane donna in uno studio legale era automaticamente chiamata “signorina” ed il suo ruolo era associato a quello impiegatizio, mentre un uomo di pari età era automaticamente un giovane, appunto, avvocato. Oggi sono cambiate molte cose, sono stati fatti passi da gigante e le donne hanno finalmente avuto occasione di uscire dall’angolo nel quale la storia, scritta tutta al maschile, le aveva relegate. Oggi, senza necessariamente clamore ed enfasi esagerata, le donne rivestono ruoli chiave oramai in tutti i settori e sono riuscite a scardinare interi sistemi prima tutti dominati dal maschile. Eppure, e questo è quasi un controsenso, la vera sfida nella vita di una donna resta ancora una: conciliare vita personale e vita professionale, senza dover rinunciare automaticamente all’una o all’altra e senza snaturarsi. Ed è una sfida tutta femminile perché un uomo, anche il più collaborativo con la propria compagna, non subisce mai la pressione che la società ancora oggi riversa sulle donne. È un punto cardine, questo, dal quale, poi, si dipartono altri percorsi ancora da compiere e altrettanto importanti, tra i quali l’eliminazione della differenza salariale o reddituale tra uomo e donna a parità di lavoro svolto. La politica deve educare alla parità di diritti tra uomo e donna e deve lavorare affinché uomini e donne possano trovare realizzazione nei propri percorsi di vita, senza che questi diventino percorsi ad ostacoli da superare. Ma personalmente rifuggo da ogni scelta, soprattutto ideologica, che annulli le differenze tra uomo e donna, che, piaccia, o meno, ci sono e per me non sono solo innegabili ma anche fondamentali. Non ho mai voluto essere come un uomo, e non necessariamente mi sono paragonata agli uomini. Ho solo preteso, e pretendo, di avere diritto alle stesse libertà ed opportunità di un uomo, per poi scegliere cosa farne di quella libertà e di quella opportunità. Sono rientrata in studio a lavorare quando la mia seconda bimba aveva 6 giorni ed il terzo bimbo 7 giorni: dico sempre che la mia “uguaglianza” rispetto ad un uomo è stata rispettata, ma la mia “differenza” no, e su questo dobbiamo tutti ragionare. Credo che la chiave sia l’equilibrio, e non una politica che a tutti i costi preme il piede su una parità che sa più di appiattimento che di miglioramento. Ecco perché rifuggo la “a” finale nei sostantivi e nei qualificativi: mi sa di ipocrisia. Lottiamo prima per le uguaglianze vere, e poi pensiamo alle questioni estetiche. E facciamolo con una consapevolezza: quando le donne hanno lottato per i loro diritti hanno sempre lottato per una società più equilibrata non solo per loro, ma anche per gli uomini.