
(Adnkronos) –
Condannato a 20 anni il ragazzo che lo scorso anno ha compiuto la strage di famiglia a Paderno Dugnano. La giudice Paola Ghezzi del Tribunale per i minorenni di Milano ha condannato a 20 anni di carcere Riccardo C., l'allora diciassettenne che nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre scorso sterminò a coltellate la madre Daniela, il padre Fabio e il fratello di 12 anni nella villetta dove vivevano alle porte di Milano. Il giudice pur tenendo conto delle attenuanti generiche e della minore età, ha ritenuto sussistere la premeditazione e non ha riconosciuto invece il vizio parziale di mente certificato da una perizia. La condanna è quella massima prevista in caso di rito abbreviato, ed è la pena che stamane aveva chiesto la pubblica accusa. Il difensore Amedeo Rizza, invece, aveva chiesto il proscioglimento per incapacità totale. Un triplice omicidio di cui inizialmente Riccardo C. aveva tentato di fornire una versione inventata, addossando l'omicidio del fratello minore e della madre Daniela (48 anni) al padre Fabio. Poi, davanti ai magistrati, a poche ore dal delitto il crollo e l'ammissione di aver infierito su tutti i corpi. L'autopsia restituirà un totale di 108 colpi sui tre corpi. Il delitto matura a poche ore dal compleanno del padre (51 anni), festeggiato a casa con i nonni, e viene commesso con "l'unica arma che avevo a disposizione in casa".
Una strage dettata da un disagio personale, dall'incapacità di sentirsi parte del mondo, dalla voglia di andare lontano e "cancellare tutta la mia vita di prima". Per la giudice per le indagini preliminari Laura Margherita Pietrasanta, il minore "dopo aver elaborato il proposito criminoso e averlo mantenuto fermo nel tempo”, lo ha posto in essere “con singolare ferocia e accanimento nei confronti delle vittime” si legge nel provvedimento d’arresto. “Già la sera prima avevo intenzione di farlo, ma non l'ho fatto perché non ero convinto, non me la sentivo. Il pensiero mi è rimasto durante tutto il giorno, poi alla sera è esploso e l'ho fatto. Ieri sera quando avevo in mano il coltello ho iniziato e da li ho deciso di non fermarmi più perché pensavo che sarebbe stato peggio se mi fossi fermato" la confessione del giovane. "Nella mia logica credevo che dopo aver fatto una cosa del genere sarei stato più forte nell'affrontare la mia vita. Avrei voluto fare il volontario in Ucraina e forse dopo questi omicidi sarei stato più libero…". Il disagio di chi parla il giovane, da poco maggiorenne, contrasta con l'immagine di un ragazzo e di una famiglia felice. "Nel vivere quotidianamente mi sentivo estraneo anche con le altre persone. Non ne ho parlato con nessuno. Anche con i miei amici mi sentivo estraneo… E' da questa estate che sto male, ma già negli anni scorsi mi sentivo distaccato dagli altri. Forse il debito in matematica può aver influito. Ogni tanto i miei genitori mi chiedevano se c'era qualcosa che non andava perché mi vedevano silenzioso ma io dicevo che andava tutto bene…". —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)