Test psicoattitudinali per aspiranti magistrati, Governo pronto ad approvare decreto Nordio

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Carlo Nordio, ministro della Giustizia nel Governo Meloni

Il governo Meloni si appresta ad approvare i test psicoattitudinali per gli aspiranti magistrati con un decreto a firma del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Antonella Mascali, su Il Fatto Quotidiano, fa il punto.

Nella bozza del testo, che arriverà al Cdm forse già lunedì (oggi, 25 marzo, ndr), si legge che “con decreto del ministro della Giustizia, previa delibera del Csm, sono nominati esperti qualificati per la verifica della idoneità psicoattitudinale allo svolgimento delle funzioni giudiziarie. Le linee di indirizzo e le procedure per lo svolgimento degli accertamenti sono determinati dal Csm, di intesa con il ministro della Giustizia. La verifica ha luogo con il completamento delle prove orali”.

Non è chiaro con quali “criteri“, saranno valutati gli aspiranti magistrati da sottoporre ai test psicoattidudinali. Viene ricordato che al Senato era stato votato un emendamento del relatore Pierantonio Zanettin, senatore vicentino di Forza Italia, che ha allargato il campo del fascicolo del magistrato: non più valutazioni degli atti a campione per ciascuna toga ma di “tutti gli atti redatti”.

L’articolo raccoglie le reazioni dell’Associazione nazionale dei Magistrati, l’ANM, la quale ritiene che Nordio agisca contro il dettato costituzionale e che si è riunita d’urgenza.

“<<Pensavamo con cauto ottimismo che, impegnato ad attuare una legge delega che non fa menzione dei test non avrebbe percorso la strada dell’evidente eccesso di delega>>. Invece, Nordio fa un atto incostituzionale: <<Ha demandato a se stesso la disciplina dei test. Stabilirà lui chi meriterà di indossare la toga di magistrato e chi no. E non basta aggiungere che il decreto sarà emanato previa delibera del Csm per nascondere la contrarietà alla Costituzione di questo disegno>>.

Quanto al merito dei test psicoattitudinali per i magistrati, l’Anm sottolinea che Nordio li ha previsti “senza dire a cosa servano, come si strutturino, quali le conseguenze di un eventuale risultato negativo, quali le figure professionali che li effettueranno e li valuteranno”. Non sono neppure “uno strumento di preselezione per l’ammissione al concorso, ma, del tutto irragionevolmente, una terza prova, che impegnerà quanti avranno superato, anche brillantemente le prove strettamente intese”.

Come se non bastasse, si allungano i tempi già dilatati dei concorsi e si complica l’obiettivo di colmare i buchi di organico. Ma “questa dilatazione – si chiede l’Anm – serve forse per rendere del tutto ingovernabile la macchina concorsuale e poter cedere alle suggestioni del reclutamento straordinario?”. Il riferimento è alle ipotesi di concorsi ad hoc per giudici onorari e avvocati”.

Fonte: Il Fatto Quotidiano