
Taci, il nemico ti ascolta!, diceva la propaganda bellica con tanto di baffoni e frasi perentorie. Oggi non servono più microfoni nascosti nei posacenere o agenti con impermeabili beige: basta uno smartphone e un social network, tipo TikTok, con sede oltre Muraglia. Ed eccoci qua, a parlare (di nuovo) del pericolo giallo. No, non quello evocato dal noto statista italiano il cui nome è meglio non fare, ché tra una legge Scelba e una circolare Fiano rischiamo di finire nei guai anche noi. Parliamo proprio di quel pericolo giallo versione 4.0, equipaggiato non con baionette ma con algoritmi e server.
Nel 1927 già si intuiva che da Oriente sarebbe arrivata l’invasione. Solo che invece dei carri armati, sono arrivati i panda di TikTok, con le orecchie da cartone animato e una fame insaziabile di… dati. I nostri. Che tanto chi vuoi che se ne accorga se finiscono a Shanghai, tra un balletto virale e un tutorial di trucco?
E infatti se n’è accorta l’Unione Europea, che per una volta ha fatto qualcosa di concreto: 530 milioni di euro di multa a TikTok, colpevole di aver trattato i dati personali degli utenti europei come volantini del kebabbaro all’angolo. Secondo l’autorità irlandese (sede europea della piattaforma cinese, per motivi che possiamo riassumere con “tasse basse e birra forte”), TikTok avrebbe casualmente girato i nostri dati sensibili direttamente in Cina, così, giusto per comodità…
Quando gliel’hanno fatto notare, la risposta è stata da manuale del perfetto teenager colto sul fatto: “Eh? No, cioè… sì, ma solo un po’. Però non era come pensate voi!”. Il tutto, ovviamente, senza alcuna garanzia che quei dati non finissero sotto gli occhi degli zelanti funzionari cinesi, noti per la loro discrezione e la loro maniacale attenzione alla privacy altrui.
E pensare che già nel 2023 TikTok aveva preso una multa da 345 milioni per aver gestito la privacy dei minori come si gestisce il cestino dell’indifferenziata: tutto dentro e via. Ora siamo al secondo round, con la Commissione europea che sembra aver finalmente alzato le sopracciglia. Certo, intanto mezzo continente continua a ballare davanti allo smartphone, ignaro che anche la sua password del Wi-Fi potrebbe già essere oggetto di discussione in qualche ministero a Pechino.
Naturalmente da TikTok ribadiscono: “Mai consegnato dati al governo cinese!”. Sì, certo. Come no. E la Terra è piatta, Babbo Natale esiste e il GDPR è un libretto di istruzioni facile da capire.
La verità è che siamo in ritardo, come sempre, a rincorrere una sovranità digitale che ormai ci guarda da lontano con aria sconsolata. E mentre discutiamo se sia più pericoloso il kebab o la carbonara rivisitata, i nostri dati viaggiano veloci verso est, dove li aspettano a braccia aperte, e forse anche con un bel dossier già pronto.
In fondo, ci avevano avvisato. Peccato che l’abbiano fatto in bianco e nero. Noi, oggi, abbiamo bisogno di un alert a colori. Magari rosso, come la bandiera sotto cui viaggiano i nostri selfie, i contatti, e pure la cronologia di navigazione.