
Giovedì 28 agosto, alle ore 19, davanti al carcere minorile di via Santa Bona Nuova, andrà in scena un presidio promosso da collettivi e centri sociali per chiedere verità e giustizia per Danilo Rihai, il giovane tunisino morto a soli 17 anni dopo pochi giorni dall’arresto a Vicenza (qui gli eventi).

La sua vicenda ha scosso Treviso e non solo: arrestato a Vicenza il 9 agosto dopo alcuni tentativi di furto, Danilo era in evidente stato di agitazione ed è stato immobilizzato con il taser. Trasferito nel carcere minorile trevigiano – il più sovraffollato d’Italia, con quasi il doppio dei detenuti rispetto alla capienza – pochi giorni dopo, secondo la versione ufficiale, avrebbe tentato il suicidio. È morto il 13 agosto all’ospedale Ca’ Foncello.
Gli organizzatori del presidio – Collettivo Rotte Balcaniche, Centro Sociale Django e Centro Sociale Arcadia – mettono in discussione la gestione della sua crisi psicologica: «Danilo aveva bisogno di cura, non di repressione. Perché è stato portato in carcere e non in ospedale? Perché non sono stati verificati gli effetti del taser sulla sua salute? Quanto tempo è rimasto senza sorveglianza mentre tentava di togliersi la vita?».
Il comunicato denuncia inoltre il decreto Caivano del governo Meloni, che avrebbe aggravato il sovraffollamento e inasprito l’approccio punitivo nei confronti dei minori: «Non è un caso che dopo 22 anni un ragazzo si tolga la vita in carcere minorile proprio oggi, in questo contesto».
Durissime anche le accuse alla gestione politica e mediatica della vicenda. Gli attivisti contestano la conferenza stampa della questura di Vicenza che, mentre Danilo era ancora in fin di vita, elogiava il “lavoro encomiabile” degli agenti: «Un gesto che mostra quanto sia radicata la logica della disumanizzazione».

Il presidio del 28 agosto, spiegano i promotori, sarà un momento per ricordare Danilo Rihai e tutte le vittime di razzismo istituzionale, abusi in carcere e nei CPR: «Ramy, Moussa, Wissem e tanti altri». E sarà soprattutto un’occasione per chiedere indagini serie e trasparenti, per accompagnare il dolore della famiglia – residente a Tunisi – e per dire basta alla “militarizzazione della vita sociale” che, secondo i promotori, colpisce i giovani migranti trasformandoli in capri espiatori. «Sta a noi non far finire qui questa storia», concludono i collettivi. «Il 28 agosto saremo in piazza per chiedere verità e giustizia per Danilo».