Trieste, Giulia Bonin: una tragedia che chiama tutti alla responsabilità. CNDDU: “La scuola sia presidio di ascolto e prevenzione”

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A sinistra Monte Grisa (foto Silvano), a destra Giulia Bonin
A sinistra Monte Grisa (foto Silvano), a destra Giulia Bonin

La morte sul monte Grisa di Giulia Bonin, 25 anni, ha sconvolto Trieste. La Procura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e omissione di soccorso, segno della gravità della vicenda. Giulia era seguita dal Centro di Salute Mentale, ma la richiesta di intervento obbligatorio avanzata dalla sua famiglia non ha portato alla protezione necessaria. Un vuoto di tutela che oggi pesa come un macigno. La venticinquenne triestina era in carico al Centro di salute mentale di via Gambini, struttura che fa capo al Dipartimento di salute mentale dell’Azienda sanitaria giuliano isontina. Il fasciscolo di indagine è in mano al pubblico ministero Chiara De Grassi e al momento, come riporta il quotidiano, è a carico di ignoti. Le indagini sono condotte dalla Squadra mobile della questura giuliana.

La riflessione del CNDDU

Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani (CNDDU), guidato dal presidente Romano Pesavento, ha espresso “profondo dolore” e sottolineato come la tragedia non possa ridursi a una questione di responsabilità penali. “La fragilità psichica, se trascurata o gestita in modo frammentario, può sfociare in esiti irreversibili. Occorre guardare oltre la dimensione giudiziaria e leggere la vicenda nella sua complessità sociale e istituzionale”.

La scuola come presidio di prevenzione

Per il CNDDU, la scuola ha un compito cruciale: non solo trasmettere saperi, ma diventare luogo di ascolto, inclusione e prevenzione del disagio. Intercettare i segnali, promuovere benessere, insegnare la gestione delle emozioni e dei conflitti sono passi fondamentali per costruire comunità più forti. “Educare alla cura dell’altro e alla responsabilità collettiva significa prevenire tragedie, non limitarsi a denunciarle dopo”, spiega Pesavento.

Le proposte concrete

Il Coordinamento propone di ripensare i modelli di presa in carico, formare insegnanti sensibili alla salute mentale, rafforzare il dialogo scuola-famiglia-servizi sociali, e sviluppare progetti di educazione socio-emotiva per studenti e docenti. Solo così si può prevenire l’isolamento, favorire la resilienza e dare ai giovani strumenti per affrontare le difficoltà.

Un monito che diventa impegno

La storia di Giulia Bonin diventa un monito doloroso ma necessario. Non basta piangere una giovane vita spezzata: serve agire, costruendo una cultura che promuova la vita attraverso ascolto, inclusione e tempestività. Perché nessun ragazzo venga più lasciato solo davanti a battaglie troppo grandi da sostenere.