Ucraina, cresce in Ue consenso su prestito con asset russi. Macron frena

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(Adnkronos) – Nell'Ue c'è un "consenso crescente" sull'idea di far pagare i costi della guerra in corso in Ucraina non solo ai "contribuenti europei", ma anche alla Russia, che è lo Stato aggressore. Secondo la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, i suoi servizi hanno individuato un modo "giuridicamente solido" per utilizzare i "flussi di cassa" derivanti dai beni congelati alla Russia, in pratica i soldi derivanti dal rimborso dei bond arrivati a scadenza, per un prestito Ue a favore dell'Ucraina, che dovrebbe restituirlo a Mosca solo una volta che quest'ultima avrà pagato le riparazioni di guerra che si suppone dovrà versare a Kiev. Al Consiglio Europeo informale di Copenaghen, il tema del prestito basato sugli asset russi tiene banco, con gli appoggi più 'vocali' che sono arrivati dai Paesi del fianco est, i più esposti alla minaccia dell'imperialismo russo, resuscitato dal presidente Vladimir Putin. Per la premier lettone Evika Silina, la Commissione ha avanzato una "buona proposta" sull'utilizzo dei flussi di cassa prodotti dagli asset congelati alla Russia per aiutare l'Ucraina, ma occorrerà "lavorare sui dettagli", che in materie come questa sono decisivi. Per il primo ministro estone Kristen Michal, l'Ucraina "ha bisogno di più assistenza in termini di armamenti e denaro: dovremmo usare i beni russi congelati il più possibile" a questo scopo, ha detto. Secondo la premier danese Mette Fredriksen, che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, "naturalmente ci sono alcune questioni legali che devono essere poste e sono fiduciosa che troveremo una via d'uscita, ma quella di utilizzare i beni congelati è una buona idea".  Per von der Leyen, è necessario "aumentare la pressione sulla Russia. E' per questo – ha aggiunto – che ho proposto un prestito di riparazione per l'Ucraina sulla base" dei beni congelati alla Russia. "Non stiamo confiscando i beni – ha assicurato – ma stiamo prendendo i saldi di cassa per un prestito all'Ucraina. L'Ucraina dovrà restituire questo prestito se la Russia pagherà le riparazioni, perché il colpevole deve rispondere" dei danni che ha causato. La presidente ha suggerito più volte, tra le righe, che utilizzare gli asset russi per un prestito all'Ucraina sarebbe un modo per evitare di continuare a far pagare gli aiuti a Kiev ai "contribuenti europei". Il riferimento della presidente pare rivolto soprattutto alla Germania, alla luce, in particolare, della sua perdurante ferma contrarietà ad ogni tipo di debito comune. Il cancelliere Friedrich Merz è risolutamente contrario, anche per ragioni di politica interna (a destra incalza l'AfD), a nuovo debito comune sul modello di Next Generation Eu: in questa chiave si può leggere la sua recente apertura all'idea di utilizzare gli asset congelati alla banca centrale russa per aiutare l'Ucraina.  Visto che gli Usa di Donald Trump si stanno ritirando dal sostegno all'Ucraina, perché hanno altre priorità, ora toccherà all'Ue saldare il conto. Usare gli asset russi, invece di fare debito, è un modo per 'girare' il conto alla Russia, che è il Paese aggressore. Il problema è che la Bce nutre forti perplessità e timori su questa iniziativa, che potrebbe danneggiare il ruolo dell'euro come valuta di riserva, come ha confermato anche di recente la presidente Christine Lagarde.  Il presidente francese Emmanuel Macron, che ha spesso una visione più marcatamente geopolitica rispetto ai leader di altri Paesi, ha ricordato a tutti, oggi, che sequestrare gli asset russi per girarli a Kiev comporta rischi seri, anche di lungo periodo. Macron è stato chiarissimo: "Innanzitutto – ha detto – credo che dobbiamo rimanere una piazza europea attraente e affidabile, il che significa che, quando i beni vengono congelati, rispettiamo il diritto internazionale, come ha sottolineato anche il primo ministro belga Bart De Wever".  In Belgio ha sede Euroclear, la società di clearing che custodisce i titoli congelati alla Banca centrale russa (anche se il cash potrebbe essere stato girato alla Bce), e il governo del Paese è preoccupato per le rappresaglie a fronte di quello che la Russia potrebbe vedere come un atto di guerra. In secondo luogo, ha continuato Macron, "dobbiamo dare all'Ucraina visibilità in termini di finanziamento, ed è quindi molto positivo che abbiamo la capacità finanziaria di offrire supporto per i suoi equipaggiamenti di difesa e i suoi sforzi macrofinanziari. A questo proposito – sottolinea – il lavoro svolto dalla Commissione, che ci consente di emettere debito sui mercati comuni e di farlo con una garanzia del bilancio europeo e/o degli Stati membri, è molto positivo".  Come dire: vogliamo aiutare l'Ucraina? Bene, facciamo debito comune. Un modo, quello della Francia, per cercare di scardinare un tabù tuttora ben radicato sia in Germania che in Olanda, anche se il fronte dei Frugali si è assottigliato rispetto ai tempi di Next Generation Eu, dato che i Baltici, esposti alla minaccia russa, non sono più per il rigore di bilancio ad ogni costo. Anche la Danimarca, che con la socialdemocratica Mette Fredriksen era un tempo saldamente nel fronte dell'austerity, oggi ha ribadito che nell'Ue "dobbiamo riarmarci tutti", il che comporta necessariamente un aumento della spesa pubblica. Altri leader sul prestito, una materia estremamente delicata, si sono esposti di meno. Il cancelliere Merz ha detto solo che l'Ue vuole "cercare di intraprendere nuove iniziative, per quanto riguarda la difesa" dell'Ucraina. 
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni in pubblico non ha toccato il tema. Per ora l'Italia non si è scoperta troppo: il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti aveva detto, un paio di settimane fa a Copenhagen, che il Mef stava discutendo dettagli tecnici, in particolare il trattamento che avrebbero, ai fini del rispetto del patto di stabilità, le garanzie che il Paese sarebbe chiamato a versare a fronte del prestito.  Garanzie che appaiono necessarie, anche perché le sanzioni alla Russia, in virtù delle quali sono congelati i beni della banca centrale, vanno rinnovate periodicamente. Se il rinnovo, che richiede l'unanimità, dovesse saltare, per il veto posto da un Paese, come l'Ungheria o la Slovacchia ad esempio, quei beni verrebbero immediatamente scongelati. Dunque, la Russia avrebbe diritto a riaverli indietro. In questa eventualità, i Paesi membri potrebbero vedersi costretti a versare oltre 100 miliardi di euro pronta cassa a Mosca.  Per evitarlo, si sta studiando la possibilità di prevedere il voto a maggioranza qualificata, anziché all'unanimità, per il rollover delle sanzioni. Il progetto della Commissione non è ancora noto nei dettagli, ma i leader a Copenaghen stanno discutendo per prendere una scelta politica, se usare o no i beni congelati alla Russia per sostenere l'Ucraina. Una volta presa la decisione politica, starà alla Commissione presentare un meccanismo "giuridicamente solido" per effettuare quel prestito, senza confiscare beni che appartengono alla Russia. Il tutto nella speranza che l'asserita solidità giuridica del progetto convinca anche la Bce.  
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