Ucraina, nulla di fatto ad Anchorage. E la “non-vittoria” di Trump diventa la vittoria di Putin, che lo abbaglia neanche fosse Irina Shayk

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Irina Shayk circuisce Donald Trump come Vladimir Putin
Irina Shayk circuisce Donald Trump come Vladimir Putin

L’incontro di Anchorage, presentato come il vertice che avrebbe dovuto cambiare le sorti della guerra in Ucraina, si è consumato in poche ore tra sorrisi di facciata, dichiarazioni evasive e una pseudo conferenza stampa priva di domande per Vladimir Putin e Donald Trump. Risultato per quel poco che si sa e che proviamo a immaginare dalla diretta della “non conferenza” e dai commenti generali? Nessun accordo, nessun passo concreto verso Kiev, e un’unica certezza: a uscire rafforzato, ancora una volta, è stato lo zar del Cremlino.

Lavrov ad Anchorage con la t-shirt CCCP
Lavrov ad Anchorage con la t-shirt CCCP

Chi si aspettava (sognava?) un cambio di passo, una road map, un impegno chiaro sul futuro dell’Ucraina, è rimasto deluso. Trump, invitandola ad adeguarsi, ha alzato i toni contro l’Europa, una delle parti in causa sconfitte, e ha provato a vestire i panni del mediatore globale, ma senza portare a casa nulla di tangibile. Zelensky e i leader europei, chiamati dopo l’incontro imperiale (Lavrov aveva già mostrato le aspirazioni da ritorno di quello sovietico indossando una t-shirt con la scritta CCCP) in collegamento dal tycoon, hanno ricevuto solo rassicurazioni generiche. Di concretezza, neppure l’ombra.

Putin, invece, ha potuto permettersi di restare in silenzio, trincerato dietro una conferenza stampa “blindata” in cui non gli è stata rivolta alcuna domanda dopo averla iniziata (un altro onore concessogli) con una lunga lezione di storia russa e patria, in cui l’Ucraina è stata nominata con l’ipocrisia della sofferenza russa (o sovietica?) per i suoi morti. Un palcoscenico perfetto per l’immagine che voleva trasmettere: quella di un leader sicuro, già vincente, che non ha bisogno di giustificarsi e che, sempre nella lunga premessa, ha soprattutto parlato e gioito della riapertura dei canali commerciali con gli USA, a cui, bisogna dirlo, il presidente aspirante imperatore Usa punta più che alla pace (in ogni dove).

È proprio questo il punto. In diplomazia, spesso conta più la forma che la sostanza. E ad Anchorage la forma ha parlato chiaro: Putin ha ottenuto legittimazione internazionale semplicemente sedendosi al tavolo e lasciando che fosse Trump a correre dietro a un risultato inesistente.

L’ex presidente americano, che puntava a presentarsi come “l’uomo della pace”, è uscito indebolito agli occhi degli alleati non ottenendo neanche il minimo: uno stop agli attacchi dei russi che, dopo averli uccisi, piangono per i fratelli ucraini. I verdetti della stampa internazionale sono unanimi: ha vinto Putin, perché è bastato non cedere nulla per apparire come il dominus della situazione.

L’Ucraina resta così sospesa, vittima di un equilibrio diplomatico che non esiste e di un confronto che si riduce a passerelle mediatiche. A Kiev non sono arrivati né impegni né garanzie, solo l’eco di un summit che ha mostrato tutta la fragilità occidentale di fronte al cinismo russo.

Anchorage sarà ricordata come il vertice del “nulla di fatto”. Un’occasione persa per l’Europa, un autogol per Trump, un trionfo silenzioso per Putin. Per l’Ucraina, solo un’altra pagina di incertezza, mentre la guerra continua a divorare vite e speranze.

Un aspetto, forse l’unico, più che positivo, “umano”: la consegna a Putin della petizione a favore dei bambini ucraini deportati firmata dalla moglie dell’imperatore più potente del mondo ma impotente con quello russo. Di questo gesto forte Zelensky l’ha già ringraziata prima di confermare che lunedì sarà a Washington per sapere di più sulla sorte dell’Ucraina.

Chissà che non sia proprio la bella Melania, che da slava conosce meglio la psicologia di quelle aree e già ha messo in allarme il marito sulla doppiezza di Vladimir, a far capire nel frattempo a Trump che a Mosca, dove Putin lo ha invitato, non troverà ad accoglierlo Irina Shayk, la modella russa più famosa al mondo, ma solo l’ancora più cinico ex agente del KGB. Non sarebbe la prima volta nella storia dell’umanità declinata al femminile, ma forse solo Melania può far capire al giuggiolone e vanesio Trump che in casa ha di meglio.