
(Articolo sulla domenica da VicenzaPiù Viva n. 301, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
C’erano una volta serrande abbassate che raccontavano silenzi pieni: di famiglie riunite, di torte inventate con quel che c’era, di tempo vissuto senza fretta. Oggi si apre sempre, ma si è perso qualcosa. Restituire la domenica e i giorni festivi, ma non per tutti, al loro significato più umano e ai lavoratori “forzati”, non è nostalgia, è buon senso.
Ma è davvero necessario tenere i negozi e i supermercati aperti la domenica? Io, vicentina media amante delle festività, credo di no. Credo che un giorno fisso di chiusura renderebbe molto più semplice gestire i turni, faciliterebbe la vita familiare di commessi e commesse e insegnerebbe alle persone a programmare meglio gli acquisti. Non è questione di ritorno al passato, anche perché non è che stiamo parlando della preistoria: la legge che ha liberalizzato le aperture è del 2011.
Non è proprio nel mio stile dire “ai miei tempi succedeva così”, però confermo: quando ero bambina i negozi di domenica erano sempre chiusi. Anche sotto Natale.
Non ne sono del tutto sicura perché la memoria è un po’ vaga, ma credo che perfino alla Vigilia, se cadeva di domenica, i negozi fossero chiusi, tranne alimentari e panettieri per mezza giornata.
In quegli anni c’era una sola situazione in cui per me era normale trovare i negozi aperti di domenica: durante la villeggiatura a Jesolo. E questo è abbastanza logico: nei luoghi turistici in alta stagione i negozi sono sempre aperti perché sono il periodo di vacche grasse, in cui bisogna lavorare anche per il periodo delle vacche magre. Non sono certo queste le situazioni che mi vedono contraria all’apertura domenicale.
Così come non sono contraria a qualche domenica di apertura verso Natale, ma dall’8 dicembre in poi e massimo fino all’Epifania, non occorre aprire a Ognissanti e non chiudere più fino alla Candelora.
Se poi parliamo dei soli negozi del centro, credo ugualmente sia una buona idea aprire in concomitanza con eventi particolari che portano nelle varie città visitatori e, si spera, relativi incassi.
Poi bisogna guardare alla vocazione turistica. Vicenza è certamente una città d’arte, tra Palladio, ville, palazzi, chiese, Monte Berico e l’Unesco, ma non è propriamente una città turistica. E comunque se si può capire l’apertura domenicale di qualche bottega del centro storico, in particolare quelle legate alla tradizione e alla vicentinità, ha molto meno senso l’apertura di domenica dei supermercati.
Naturalmente chi vuole negozi e supermercati aperti tutti i giorni ha una serie di obiezioni. La prima è che “una volta le donne non lavoravano; quindi, potevano andare a fare la spesa tutti i giorni, oggi non è più così, ci sono solo il sabato e la domenica”. Ebbene, negli anni Settanta, che le donne lavorassero o no – e molte lavoravano anche allora -, la dinamica degli acquisti era diversa e nessuno si sognava di comprare pane, affettati e
formaggi al supermercato una volta alla settimana. Si faceva la spesa tutti i giorni e se la mamma lavorava, lasciava la nota ai figli o telefonava al negoziante. I supermercati c’erano, ma non erano dei “tuttomercati” come quelli di oggi. Ci si andava soprattutto per i detersivi e i prodotti confezionati, e il giorno preferito era il sabato perché la macchina a disposizione era una e nel resto della settimana serviva per andare a lavorare… Quindi le
cose non erano più facili, anche perché negozi e supermercati non facevano orario continuato e chiudevano alle 19.30, non alle 21 come oggi. Bisognava sapersi organizzare.
Altro cavallo di battaglia dei “sempre aperto” riguarda il diritto per il personale dei negozi di poter trascorrere la domenica in famiglia. Qui i “sempre aperto” partono con il confronto: “ma allora, i medici, i poliziotti, i ristoratori, i giornalai? Loro non hanno diritto a stare in famiglia?”
Non vale nemmeno la pena rispondere a chi nomina personale sanitario, addetti alla sicurezza, forze dell’ordine e vigili del fuoco, perché il paragone non ha senso.
Sono servizi essenziali che non possono andare in vacanza. Infatti, sono lavori che richiedono anche grande abnegazione e spirito di servizio. Poi che non sempre la remunerazione sia proporzionata al loro impegno è altrettanto vero, ma questo non c’entra col tema in discussione.
Quanto a bar e ristoranti, è vero, potrebbero chiudere di domenica, perché non sono servizi essenziali. Però credo che, per chi investe nel settore, valga lo stesso principio per cui i negozi dei luoghi di vacanza sono aperti nei giorni festivi: sono le giornate in cui si guadagna di più. E tenere aperto non è un dogma: ci sono diversi bar, anche in centro storico a Vicenza, che la domenica chiudono, perché magari lavorano soprattutto con gli uffici. E comunque bar e ristoranti – con poche eccezioni – hanno sempre un turno di chiusura settimanale.
Forse la situazione più pesante è quella di chi ha un’edicola, dato che i giornali escono quasi tutti i giorni; quindi, – anche se non c’è l’obbligo di tenere aperto la domenica – chi vuole fare un buon servizio ai clienti almeno la mattina deve aprire sempre. Ma anche il quotidiano, almeno finché non verrà del tutto soppiantato da Internet, fa parte delle necessità, del diritto all’informazione.
Pure la spesa è una necessità, certo, ma ci sono sei giorni alla settimana con tante ore di apertura in cui si può fare. Viviamo nell’era del tutto programmato, credo che dovremmo essere in grado di inserire anche la spesa tra gli appuntamenti settimanali senza dover pretendere la domenica.
E male che vada, se per un giorno ti mancano le uova e il latte pazienza. Volevi fare una torta? La farai domani, oppure ti ingegni a inventare una ricetta diversa. Si deve anche imparare ad arrangiarsi, non adagiarsi sul solito “ben ben, se manca qualcosa la vado a comprare”. Come ho già raccontato in questa rubrica (numero di febbraio 2025), mia madre una domenica è riuscita a fare le frittelle avendo in casa solo l’uvetta: non sto a ripetere come ha fatto, ma resterà un episodio scolpito nella mia memoria. Con un supermercato aperto a cento metri da casa non avrei mai vissuto l’epopea della frittella miracolosa.
Per non parlare di quello che ci consiglia Federica Zanini nella sua rubrica “Gastronomia del riciclo”. E poi, a proposito del diritto al riposo domenicale, in molti settori non si lavora nemmeno di sabato, in alcuni casi si punta addirittura alla settimana di quattro giorni, e nessuno ha da obiettare.
Perché solo i commessi devono essere sempre a disposizione?
Che poi, si pretende il negozio aperto, per poi magari entrare, dare un’occhiata, informarsi, non comprare nulla e fare l’acquisto online… Altra mania per me incomprensibile, ma di questo parlerò un’altra volta.






































