Veneto, Alberto Stefani presidente con 30 punti su csx che raddoppia voti. Lega doppia FdI, consiglio più articolato, astensioni record

Elezioni regionali Veneto 2025: Stefani presidente, Lega primo partito e affluenza in calo, il nuovo Consiglio tra conferme e novità

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Alberto Stefani

Il Veneto ha scelto il suo nuovo presidente: Alberto Stefani guiderà la Regione per i prossimi cinque anni, alla testa di una coalizione di centrodestra che si conferma nettamente maggioritaria ma che entra nella XII legislatura con un Consiglio regionale più articolato e plurale rispetto al passato. Sul voto pesa però un dato che fa rumore: l’affluenza si ferma al 44,6 per cento, sedici punti in meno rispetto al 2020, il livello più basso mai registrato in una regionale veneta.

A fotografare il quadro è stata la sala stampa di palazzo Ferro Fini (in fondo* i dati disponibili alle 23.05, qui i dati in evoluzione). Il segretario generale del Consiglio, Roberto Valente, ha aperto la giornata ricordando che quasi un elettore su due è rimasto a casa. A incidere, come sottolineato più volte anche dal presidente uscente dell’assemblea Roberto Ciambetti, è il peso crescente degli iscritti Aire: 613.938 aventi diritto residenti all’estero, pari al 14,29 per cento del corpo elettorale, un numero che “pesa come due province”, quasi quanto Belluno e Rovigo messe assieme.

Presidente Youtrend Giovanni Diamanti conferma una vittoria larga del centrodestra con Stefani presidente
Presidente Youtrend Giovanni Diamanti conferma una vittoria larga del centrodestra con Stefani presidente

Sul fronte politico, l’analisi di YouTrend, illustrata dal presidente Giovanni Diamanti, conferma una vittoria larga del centrodestra: Stefani supera di oltre 30 punti Giovanni Manildo, candidato del centrosinistra, e porta la sua coalizione oltre il 60 per cento. È il secondo miglior risultato di sempre per il fronte guidato dalla Lega, subito dietro al “plebiscito” del 2020 con Luca Zaia. Per il centrosinistra, invece, il 2025 segna un’inversione di tendenza: dopo anni di calo, la coalizione torna sopra il 30 per cento, migliorando nettamente il 16 per cento di cinque anni fa.

Dentro questa cornice, un dato spicca: la Lega torna primo partito regionale con un vantaggio “molto ampio” su Fratelli d’Italia. Il Carroccio è la lista più votata nella grande maggioranza dei comuni veneti, trainata ancora da un forte “effetto Zaia”, soprattutto nelle province di Verona, Rovigo e Vicenza. Fratelli d’Italia consolida comunque la propria presenza, mentre Forza Italia–Autonomia per il Veneto si conferma forza di supporto con tre seggi.

Sul versante dell’opposizione, il Partito Democratico è la principale lista, con nove seggi, affiancato dalle altre sigle della coalizione Manildo – Alleanza Verdi e Sinistra, Uniti per Manildo, Civiche Venete – e dal Movimento 5 Stelle. In Consiglio entreranno anche formazioni espressione di un Veneto più “di frontiera”, come la lista Szumski Resistere Veneto, forte soprattutto nella Marca trevigiana, oltre a Unione di Centro e Liga Veneta Repubblica. Resterebbero invece fuori dall’aula le coalizioni guidate da Marco Rizzo e Fabio Bui, che non superano la soglia di sbarramento.

Il presidente uscente del Consiglio regionale illustra i dati col Segretario Generale del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Valente
Il presidente uscente del Consiglio regionale illustra i dati col Segretario Generale del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Valente

Il nuovo equilibrio dell’assemblea è sostanzialmente proporzionale: superata la soglia del 60 per cento, alla coalizione vincente non scatta il premio di maggioranza. Il centrodestra scende così dai 41 seggi uscenti a un numero compreso tra 32 e 36, mentre le opposizioni crescono in modo significativo. “È un elemento che arricchirà il confronto democratico – osserva Ciambetti – perché in aula ci sarà una presenza più articolata, pur dentro una scelta chiara dei veneti per il governo regionale”.

L’analisi territoriale conferma un Veneto a due velocità: nei capoluoghi Stefani vince 52 a 43, con una forbice di 9 punti su Manildo, mentre nei comuni non capoluogo il divario sale a 63 a 31, fino al più 45 per cento nei centri più piccoli. Il centrosinistra mostra maggiore competitività nelle città, in primis Venezia e Padova, dove il PD resta la lista di riferimento. Nel resto della regione, la rete di amministratori e candidati del centrodestra continua a rappresentare un valore aggiunto.

Sul significato politico del voto intervengono anche i protagonisti del sistema istituzionale e delle rappresentanze economiche. Mario Conte, presidente di Anci Veneto, parla di “vittoria netta” e di “continuità dopo il buon governo di Luca Zaia”, ma richiama subito la necessità di “invertire il fenomeno dell’astensionismo”, definendo questa “una delle sfide per tutti gli amministratori veneti”. I Comuni, assicura, sono pronti a lavorare al fianco della Regione.

Dal fronte leghista arrivano le congratulazioni del deputato vicentino Erik Pretto, che definisce Stefani “una guida autorevole per il futuro del Veneto”, sottolineandone competenza, serietà e radicamento sul territorio. Messaggi di auguri e di disponibilità a collaborare arrivano anche dal mondo produttivo: Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente di Confagricoltura Veneto, richiama “le oltre 60 mila imprese agricole” impegnate in una fase di profonda transizione climatica e di mercato, chiedendo “politiche chiare e continuità negli investimenti in innovazione, gestione delle acque e sicurezza delle produzioni”.

Sulla stessa linea Diego Stimoli, giovanissimo presidente di CNA Veneto Ovest, che legge l’elezione di Stefani come “un nuovo corso di stampo giovane” e chiede di dare attuazione concreta al Patto per lo sviluppo Veneto 2030, firmato in campagna elettorale. Al centro, per CNA, passaggio generazionale, nascita di nuove imprese, nuova narrativa dell’artigianato e strumenti stabili per trattenere in regione talenti e competenze.

Dall’altra parte, Giovanni Manildo parla apertamente di “svolta”: “Nel 2015 il centrosinistra era sceso al 22 per cento, nel 2020 è crollato al 16, oggi superiamo il 30. È la prova che esiste un Veneto che non si rassegna, che vuole un’alternativa”. Il candidato sconfitto rivendica l’unità costruita attorno a sette priorità di programma – sanità pubblica, lavoro dignitoso, ambiente, casa, giovani – e annuncia un’opposizione “seria, costruttiva e determinata”. A Stefani ha già telefonato per un augurio personale: “Adesso inizia un nuovo percorso, più forte e più largo. Noi ci saremo ogni giorno per dare voce a chi non ha voce”.

Resta sul tavolo, per tutti, il tema più spinoso: l’astensionismo. Ciambetti cita Norberto Bobbio e il suo “Il futuro della democrazia” per ricordare che il non voto è un fenomeno strutturale, non un incidente estemporaneo. “Dobbiamo chiederci cui bono – afferma – chi trae vantaggio da una crisi profonda della politica percepita come rito lontano dai problemi quotidiani?”. Una domanda che accompagnerà l’inizio della nuova legislatura assieme ai grandi dossier già aperti: sanità e liste d’attesa, transizione verde, infrastrutture, lavoro e gestione delle risorse europee.

Per il Veneto si apre così una fase nuova ma nel segno della continuità di governo: un presidente giovane, una coalizione ancora maggioritaria, un’opposizione rafforzata e un elettorato da riconquistare. La sfida, per tutti, è trasformare i numeri dello scrutinio in decisioni capaci di parlare a quei veneti che questa volta, per scelta o sfiducia, hanno deciso di non recarsi alle urne.


*I dati confermano un assetto sostanzialmente proporzionale, dato che la coalizione vincente supera la soglia del 60% e non fa scattare, quindi, il premio di maggioranza. È questo il motivo per cui il centrodestra passerà dai 41 seggi che aveva oggi a un numero verosimilmente compreso tra i 32 e i 36 seggi, con le opposizioni che registrano un significativo incremento rispetto alla XI Legislatura.

Dal punto di vista territoriale emergono alcune dinamiche significative:

  • Verona è la provincia con la percentuale più alta per Stefani, vicino ai livelli del 2020.
  • Vicenza conferma una crescita del centro-destra sopra la media regionale come già evidenziato nelle Europee 2024 rispetto alle Politiche 2022
  • Padova, pur rimanendo competitiva per il centro-sinistra nei comuni maggiori, mostra un recupero marcato del centro-destra rispetto alle europee.
  • Treviso presenta il dato più rilevante per la lista Szumski, sopra il 10% in molti comuni.
  • Belluno registra l’affluenza più bassa della regione (35%), con un calo legato probabilmente alla riduzione dell’“effetto Zaia”.
  • Rovigo conferma un risultato molto elevato per la coalizione di Stefani.

Avanzamento

LISTA Padova Verona Treviso Vicenza Venezia Rovigo Belluno Veneto (totale)
LEGA – LIGA VENETA STEFANI PRESIDENTE 3 3 5 3 4 1 0 19
PARTITO DEMOCRATICO – MANILDO PRESIDENTE 1 2 1 2 2 0 1 9
FRATELLI D’ITALIA – GIORGIA MELONI 1 2 1 1 2 1 1 9
FORZA ITALIA BERLUSCONI AUTONOMIA PER IL VENETO 1 1 0 1 0 0 0 3
SZUMSKI RESISTERE VENETO 0 0 1 1 0 0 0 2
ALLEANZA VERDI E SINISTRA 1 0 0 1 0 0 0 2
UNITI PER MANILDO PRESIDENTE 0 0 1 0 0 0 0 1
MOVIMENTO 5 STELLE 0 0 0 0 1 0 0 1
UNIONE DI CENTRO 1 0 0 0 0 0 0 1
LIGA VENETA REPUBBLICA V.A. 1 0 0 0 0 0 0 1
LE CIVICHE VENETE PER MANILDO PRESIDENTE 0 1 0 0 0 0 0 1
POPOLARI PER IL VENETO 0 0 0 0 0 0 0 0
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