Alla fine è sempre a sua insaputa. In questa storia di tesoretti custoditi all’estero, fondi dall’origine sospetta ereditati, conti correnti svizzeri che in meno di un anno si sono moltiplicati, Attilio Fontana ha scelto la linea difensiva più comune tra i frequentatori dei palazzi del potere italiano. Non so, non ricordo, non è certo responsabilità mia se all’improvviso sul mio conto corrente piovono svariati milioni dalla Svizzera. L’eredità del presidente della regione Lombardia pari a 5 milioni di euro è stata regolarizzata nel 2015. Regolarizzata ma comunque mantenuta in Svizzera e gestita da una fiduciaria italiana: è da questo conto che proverà a far partire il bonifico per la società del cognato e della moglie con il quale pagare i camici anti Covid destinati alla regione Lombardia, vicenda che vede indagato Fontana insieme al cognato.
Dopo la scomparsa della madre nel 2015 dunque Fontana decide di aderire allo scudo fiscale. Su questo giornale avete letto ogni dettaglio della misteriosa eredità di Fontana. A partire dal conto corrente aperto nel 1997, intestato alla madre e sul quale era delegato a operare il presidente, all’epoca sindaco da due anni del comune di Induno Olona, provincia di Varese. Fontana ha risposto in modo vago, mai preciso. Ora scopriamo che per difendersi nell’inchiesta della procura di Milano in cui è indagato per autoriciclaggio e falso nella dichiarazione dello scudo fiscale ha portato a sua discolpa documenti sull’esistenza di almeno un altro conto corrente, che si aggiunge ai due, quello del 1997 e del 2005, anche questi intestati all’anziana madre. Deposito di cui naturalmente il figlio, ai tempi avvocato in carriera e con un piede nelle politica regionale leghista che contava, non sapeva nulla. La signora dentista Giovanna Brunella alla soglia degli ottant’anni, è la tesi difensiva, due anni dopo aver acceso un primo conto estero ne apre un secondo depositando un bel gruzzoletto di oltre 2 milioni. E questo nuovo deposito lo avrebbe peraltro registrato senza dire nulla al figlio, in gran segreto.
La linea del non ricordo
La strategia dei legali di Fontana mira a dimostrare che i 2,5 milioni, di 5 totali dell’eredità, ritenuti dai magistrati di proprietà del presidente e non della madre, siano in realtà provenienti da questo nuovo conto corrente spuntato all’improvviso e che si chiama “Axillos”. Denaro che al pari di quello presente sul conto del 1997 sarebbe poi confluito nel terzo acceso nel 2005 sempre dalla madre e di cui Fontana era solo erede. Nel 2005 il politico della Lega era presidente del consiglio regionale e un anno dopo sarebbe diventato sindaco di Varese della Lega.
La versione di Fontana non convince del tutto gli investigatori e i magistrati della procura, che aspettano fiduciosi la risposta delle autorità elvetiche sollecitate da un rogatoria con la quale chiedono la documentazione alle banche coinvolte nell’apertura dei conti correnti dei Fontana. La risposta tuttavia tarda ad arrivare, non è una novità: la collaborazione con la Svizzera nelle inchieste su riciclaggio e evasione degli italiani che fuggono dal fisco italiano è sempre stata farraginosa.
Per regolarizzare i 5,3 milioni il presidente ha versato all’agenzia delle entrate 64mila euro per le annualità 2010-2013 come adesione all’invito a comparire e nello stesso periodo ha versato ulteriori 57.138mila euro come sanzioni relativa all’irregolarità nella dichiarazione di successione del patrimonio estero. Come mai non ha dichiarato fin da subito l’esistenza del patrimonio estero di cui era erede? E perché non ha parlato mai di queste sanzioni? «Mia mamma è deceduta nel 2015 e io ho fatto la procedura di regolarizzazione nello stesso anno pagando imposte tasse e sanzioni così come era previsto dalla legge al tempo in vigore, le mie dichiarazioni al fisco sono state controllate dall’Agenzia delle entrate», aveva replicato alle nostre domande. Possibile che una dentista in pensione di un piccolo paese di provincia potesse accumulare una cifra del genere? «Erano risparmi di una vita», aveva tagliato corto il presidente. In questi giorni ha aggiunto come elemento difensivo che la madre aveva iniziato a portare soldi all’estero a partire dagli anni Settanta. Su quale conto, se il primo deposito registrato è datato 1997? E poi perché adesso dice gli anni Settanta? In una intervista precedente aveva dichiarato: «Era un conto non operativo da decine di anni, almeno dalla metà degli anni Ottanta». Non resta che affidarsi ai documenti: il primo conto è del 1997, la madre aveva quasi ottant’anni, Fontana era delegato a operare. Fatti che Fontana prova a confondere con i non ricordo, «ha fatto tutto mia madre».
Giovanni Tizian su Domani