Cardiochirurgia San Bortolo: dimessa con successo paziente salvata da complessa procedura ibrida

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È stata dimessa con successo una paziente sottoposta a una complessa procedura salvavita presso il reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale San Bortolo di Vicenza. Si tratta del caso di una donna di 72 anni, residente in Lazio, giunta a Vicenza per la fama e l’esperienza della Cardiochirurgia nel trattamento delle valvulopatie con l’innovativo approccio endoscopico.

La paziente era già stata sottoposta a un intervento cardiochirurgico nel 2003 in altra sede, per la sostituzione della valvola mitralica con una protesi meccanica. Negli ultimi anni, la stessa malattia aveva rovinato anche altre due valvole cardiache (la valvola aortica e la valvola tricuspide). Un cuore dunque “malandato”, con entrambi i ventricoli dilatati e una capacità di contrazione in forte riduzione e al di sotto dei valori fisiologici.

L’approccio dell’Heart Team della Cardiochirurgia di Vicenza e il rischio altissimo

La condizione clinica generale era complessa e delicata. Dopo un’attenta valutazione, alla paziente è stato prospettato un iter delicato e complesso, non negandole che il trattamento della sua condizione comportava un rischio altissimo, come già enunciato dai suoi medici curanti.

Il caso è stato quindi analizzato in sede collegiale a Vicenza, nell’Heart Team, dove agli specialisti cardiochirurghi del team diretto da Loris Salvador si sono uniti i colleghi cardiologi diretti da Giovanni Morani per definire il più appropriato percorso terapeutico. Gli esami pre-operatori eseguiti durante il ricovero hanno evidenziato un quadro ancor peggiore rispetto a quello inizialmente prospettato.

L’Heart Team ha stabilito di trattare la paziente in più fasi per diluire il rischio, optando per un intervento combinato, ibrido. Questo approccio avrebbe permesso di evitare di dover isolare completamente il cuore dalle pericolose aderenze cicatriziali formatesi a seguito del primo intervento del 2003. Se l’intervento fosse stato effettuato in maniera tradizionale, la rimozione di queste aderenze avrebbe aumentato ulteriormente il rischio operatorio con possibili gravissime emorragie.

La procedura ibrida mininvasiva

Il percorso terapeutico è stato suddiviso in tre fasi. Le prime due sono state: dapprima l’impianto di una protesi in sede aortica per via percutanea (utilizzando un catetere, TAVI), e successivamente una procedura chirurgica mininvasiva endoscopica per sostituire la valvola tricuspide. La terza fase, se necessario, prevedeva l’eventuale impianto di un Pacemaker definitivo.

Il programma stabilito è stato portato a termine in maniera eccellente. Nella prima fase un’équipe mista (Cardiochirurghi e Cardiologi) ha lavorato nella nuova sala ibrida con tecnologia avanzata per impiantare la protesi TAVI in sede valvolare aortica per via percutanea, praticando solo una puntura in arteria femorale. La procedura è stata svolta regolarmente senza alcuna complicanza.

Dopo cinque giorni è stato eseguito l’intervento cardiochirurgico di sostituzione della valvola tricuspide con approccio minitoracotomico mininvasivo endoscopico, attraverso una piccola ferita situata poco sotto l’ascella di destra. Anche questa procedura si è svolta regolarmente, senza complicanze. Durante il post operatorio è stato impiantato un pace-maker di ultima generazione.

Dopo alcuni giorni la paziente è stata dimessa dal reparto di Cardiochirurgia e trasferita presso la Riabilitazione Cardiologica diretta da Claudio Bilato, del Centro Riabilitativo Provinciale di Lonigo, da dove alcuni giorni fa è stata dimessa, potendo così rientrare a casa, guarita. Questa è “Una storia che si ripete spesso”, come evidenzia il comunicato, “pazienti gravi con difficili e complesse patologie che dopo aver peregrinato per altri Centri Italiani approdano alla fine a Vicenza dove trovano adeguate cure alle loro malattie cardiovascolari”.