Welfare aziendale, Il Sole 24 Ore: Vicenza trova 2.100 capannoni dismessi

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Capannone dismesso

Riempire gli stabilimenti produttivi dismessi – oltre 2.100 capannoni in 1.300 aree industriali della provincia – per offrire nuovi servizi a imprese e dipendenti: farmacie e punti prelievo, ma anche palestre e spazi per il tempo libero. L’idea nasce dal lavoro di Confindustria Vicenza, con il coordinamento di Federico Della Puppa, e il supporto della Camera di commercio; il risultato è uno studio sulla situazione esistente e dove si è formalizzato anche un esempio di prima possibile applicazione.

Vuoti produttivi come spazi da destinare al benessere, in una provincia – la seconda in Italia per export pro capite – dove il welfare aziendale sperimenta sempre nuove formule, dal portale per consentire anche alle aziende più piccole di strutturare piani su misura delle esigenze dei dipendenti, a check up e diete portati direttamente in fabbrica, con due effetti immediati: la riconversione del patrimonio immobiliare dismesso e la riqualificazione del territorio, rafforzando con una sola azione sia l’aspetto produttivo che quello sociale.

Un’operazione innovativa che inizia con la mappatura delle aziende iscritte all’associazione industriali e ubicate nelle zone produttive della provincia berica – ne risultano 1.398 – dei servizi esistenti nelle medesime zone (dalle piste ciclabili, agli uffici postali, dagli asili nido alle farmacie, ecc.) e degli edifici dismessi qui collocati. Il settore prevalente (34,3%) è la meccanica, con oltre 33mila addetti, seguito da costruzioni e servizi innovativi e tecnologici. Di ogni area produttiva sono state mappate in modo interattivo (basta selezionare sulla mappa per ottenere le informazioni specifiche) facilità di accesso e modalità prescelta (auto, bici, mezzi pubblici) e anche le criticità, viste sia dal punto di vista delle imprese che dei dipendenti (come la presenza o meno di servizi utili per la conciliazione vita lavoro o salva tempo) e che potrebbero aprire la strada a riconversioni di spazi dismessi.

Un lavoro minuzioso e basato su 1.267 questionari che hanno rilevato le necessità di chi lavora. Dal punto di vista di operai e impiegati le criticità sono il traffico e la scarsa sicurezza dei percorsi ciclabili, i miglioramenti possibili (ad esempio bus più frequenti e orari modificati, con la possibilità di metodi alternativi come car sharing e pooling). La vita di chi lavora potrebbe migliorare con la vicinanza di una farmacia e di un punto prelievi, così come di luoghi di consegna e ritiro spedizioni. Le imprese dal canto loro pensano a punti di stoccaggio rifiuti, servizi di vigilanza condivisi e spazi, sempre condivisi, per iniziative di formazione.

Dalle imprese sono arrivate anche proposte concrete di riconversione: palestre e attività di doposcuola potrebbero trovare spazio dove attualmente non c’è nulla.

Il passo successivo è stato scegliere due aree campione: Arzignano, cuore del distretto della concia, la cui area produttiva oggetto di studio consta di 640 imprese e oltre 12mila addetti, e Thiene, la cui area produttiva considerata registra la presenza di 229 imprese per 2.368 addetti.

Sono stati mappati i percorsi di accesso, gli immobili dismessi o sottoutilizzati (sono 11 dismessi, di cui 5 sul mercato e 18 sottoutilizzati, di cui 10 sul mercato) a Thiene; ad Arzignano 18 dismessi (5 sul mercato) e 3 sottoutilizzati. Grazie al lavoro fatto si conosce lo stato di ciascun capannone, lo stato di manutenzione, la dimensione.

La conclusione del lavoro sono due ipotesi di riconversione: un polo sanitario per Arzignano, con medici di base, farmacia e specialisti, mentre a Thiene le richieste di chi lavora puntano su servizi che facilitano la vita come punti per la spesa che potrebbero essere gestiti da cooperative e gruppi di acquisto, ma anche spazi per bar e caffetterie. La prospettiva è quella di coinvolgere soggetti pubblici e privati: cooperative per i punti spedizione e ritiro, o la gestione di bar e spazi ricreativi, con tariffe agevolate per chi si associa, in modo da arrivare a una sostenibilità anche economica. Fra i privati, oltre alle aziende, potrebbero entrare in gioco la Regione, i Comuni, le Ulss, associazioni di categoria e anche investitori esterni che potrebbero cogliere l’opportunità di intervenire colmando spazi vuoti. Non solo: l’enorme database costruito può servire per operazioni di marketing territoriale – rendendo i territori più appetibili per potenziali investitori – e per tarare meglio i servizi esistenti, e grazie alla collaborazione con i Comuni interessati si possono mettere a punto metodi e strategie di intervento per la riconversione di aree pilota.

«È dato di comune esperienza il crescente interesse e il conseguente impegno delle imprese sul fronte del welfare aziendale, sempre più oggetto di diffusa sensibilità da parte degli imprenditori, di aspettativa da parte dei loro dipendenti, di attenzione e disciplina da parte della contrattazione collettiva di lavoro e, inevitabilmente, da parte del fisco – spiega il presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi – Tradizionalmente i luoghi della produzione sono stati oggetto di considerazione e di disciplina da parte degli strumenti urbanistici nelle rispettive scale d’intervento, da quella comunale, a quella provinciale, fino a quella regionale, che ne hanno determinato, spesso ratificando lo stato di fatto, la localizzazione, le dimensioni e, al più, il tipo di attività consentita. È, quasi sempre, mancata l’attenzione per la dotazione delle aree produttive in termini di servizi alle persone chiamate a trascorrervi parte importante della loro giornata, in altre parole ciò che chiamiamo la qualità della vita durante la prestazione dell’attività lavorativa». La ricerca sull’esistente è un primo passo in questa direzione: «L’ambizione è quella di incentivare processi di pianificazione a livello provinciale e locale, capaci di promuovere iniziative di rigenerazione di ambiti della produzione non più attivi, rifunzionalizzandoli a soddisfare la crescente domanda di servizi alla persona, migliorando gli standard della qualità della vita nei luoghi di lavoro, non solo i singoli capannoni, ma le aree produttive nel loro complesso. In presenza di un tessuto produttivo qual è quello vicentino e veneto, costituito soprattutto da micro, piccole e medie imprese, il welfare aziendale, più che il risultato di iniziative individuali, può essere il frutto di una collaborazione per il bene delle nostre imprese, della nostra economia, del nostro territorio, dell’intera comunità provinciale», conclude.

di Barbara Ganz da Il Sole 24 Ore