
L’Immacolata Concezione di Maria, con la Bolla Ineffabilis Deus, promulgata l’8 dicembre 1854 da papa Pio IX, dopo vicende fatte anche di forti dispute teologali, diventa dogma di fede per la Chiesa Cattolica, ed entra “ufficialmente”, dopo alterne vicissitudini, nel calendario liturgico.
Nella Bibbia non c’è nessun esplicito riferimento all’Immacolata Concezione, è quindi una verità che va cercata nelle profondità delle Scritture stesse. Un aiuto lo riceviamo dall’apostolo Paolo, il quale, nell’inno con cui apre la lettera agli Efesini, ci ricorda che il grande progetto (mysterion) che Dio aveva per l’umanità, in Cristo è stato reso visibile. «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia,di cui ci ha gratificati nel Figlio amato» (Ef 1,4-6). Scelti per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità (cf. Ef 1,3-4). Il Padre vuole fare di noi persone capaci di aprirsi totalmente all’amore, a quell’amore che egli ci ha manifestato nel Figlio, «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). Questo progetto di Dio, dell’essere «santi e immacolati» trova nella figura di Maria il modello e la sua unicità.
Tuttavia, questo progetto divino, non trova pronta accoglienza nell’uomo, anzi l’uomo lo rifiuta, decidendo di ascoltare altra parola, diversa da quella che Dio gli aveva detto: «Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”» (cf. Gen 2,16-17). Ma Dio amore infinito e fedele non ha accettato di perdere la sua creatura e, «quando ha ritenuto che il tempo fosse arrivato, ha mandato suo Figlio …, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (cf. Gal 4,4-5).
Ma affinché questo suo divino progetto si realizzasse, necessitava dell’aiuto di una donna, perché come all’inizio della creazione fu una donna (Eva) all’origine della rottura con Dio Padre, così una donna doveva ricucire questo strappo, questa donna si «chiamava Maria» (Lc 1,27). Una giovane ragazza di Nazareth, che dopo lo stupore iniziale (cf. Lc 1,29-34), si fida della parola che aveva ascoltato dall’angelo e pronuncia il suo fiat (Lc 1,38).
Da sempre la pietà popolare ha visto in Maria una “creatura eccezionale” e che la risposta data a Dio in così giovane età fosse segno di una crescita prodigiosa, così come narra il Protovangelo di Giacomo o della Natività di Maria.
Una crescita eccezionale che la devozione popolare ha “letto” come frutto dell’esenzione del peccato delle origini, perché solo chi era esente dalla colpa di Adamo poteva essere scelta da Dio per diventare la madre di suo Figlio.
Quando noi parliamo dell’Immacolata Concezione pensiamo ad una persona eccezionale, e quasi quasi ci troviamo d’accordo con le parole della canzone del Gen Rosso, Come Maria, dove viene detta irraggiungibile. Ma così pensando faremo un torto a Maria e giustifichiamo le nostre difficoltà relative alla nostra sequela.
In realtà l’Immacolata Concezione è continua memoria del nostro status originario, l’essere stati creati da Dio per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, e questo solo per amore (cf Ef 1,4-6).
Un amore, quello di Dio, che va accolto, accettato, per poi poterlo vivere. Accettarlo significa accettare il nostro limite di creatura, non come ha fatto l’umanità all’origine, Adamo ed Eva, i quali hanno deciso di ascoltare una parola diversa da quella di Dio, questo perché pensavano che questo gesto significasse sottomettersi a Lui e quindi non essere liberi. In realtà non avevano fondamentalmente compreso il vero senso della loro nudità: capacità di confrontarsi con Dio senza paura alcuna.
Questo limite che ha significato l’entrata del peccato nel mondo è stato recuperato da Maria, la quale, come ci racconta la pagina evangelica dell’Annunciazione, non ha paura di confrontarsi con Dio interrogando l’angelo sulla proposta ricevuta (Come avverrà tutto, non conosco uomo, cf Lc 1,34). Con questo atteggiamento che la rende vigile, libera e sciolta di fronte al Signore, esprime quello che dovrebbe essere il nostro comportamento davanti a Dio. Un atteggiamento di accoglienza della Parola, un’accoglienza che si manifesta attraverso l’abbandono a questa parola, che non significa tuttavia rassegnazione alla stessa, bensì rivelante come ci sia profonda consapevolezza di relazione con le tre persone della Trinità. Nel suo fiat emerge tutta la sua libertà; una libertà che si fa capace di mettere da parte la ragione, la quale ci porta sempre a chiedere perché alle proposte della Parola di Dio, facendoci dimenticare che di fronte alla Parola di Dio si dovrebbe avere un unico atteggiamento quello della fiducia. Questo atteggiamento è lo stile proprio di Maria, e che andrà a contraddistinguere tutta la sua esistenza, ed è racchiuso nella sua risposta all’angelo: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).
Nella libertà ha accolto la Parola del suo Signore, e nella libertà ha fatto della sua esistenza, un’esistenza donata, frutto non di continui perché ma di una scelta precisa di vita: fidarsi del suo Signore, anche quando non ne comprendeva pienamente il quanto stava accadendo e delle proposte che riceveva: «“Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”» (Mc 3,33-35)
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