Banca d’Italia, Feltri su Il Fatto: “il bersaglio grosso è Visco”

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Ignazio Visco
Ignazio Visco "governa" sulle banche da Banca d'Italia

Lo scontro tra il governo, sponda Cinque Stelle, e la Banca d’Italia è soltanto all’inizio. Giovedì il Consiglio dei ministri ha fermato il rinnovo del vice-direttore generale Luigi Federico Signorini ma il bersaglio grosso è Ignazio Visco, il governatore, confermato a ottobre 2017.

Il Movimento Cinque Stelle ha un dossier per argomentare la linea su Signorini. Tutte le contestazioni al membro del direttorio di via Nazionale riguardano la linea tenuta da Bankitalia come istituzione, non atti specifici. Eppure Signorini si occupa direttamente di vigilanza bancaria dal 2008, con vari ruoli apicali. I Cinque Stelle avrebbero potuto contestare l’eventuale responsabilità di Signorini in vicende precise, invece il dossier raccoglie le sue prese di posizione in audizioni parlamentari, dove cioè espone la linea della Banca d’Italia, non le sue opinioni individuali.

A Signorini, per esempio, i Cinque Stelle contestano un’audizione in Senato del 24 ottobre 2012 in cui “si è espresso a favore delle proposte della Commissione europea sull’Unione bancaria, senza sollevare il minimo dubbio sul percorso che il Paese stava per intraprendere”. Poi c’è l’audizione alla Camera del 22 novembre 2012, sulla direttiva Brrd (quella che sposta su azionisti e obbligazionisti il conto dei fallimenti bancari), dove la colpa di Signorini è aver auspicato che venisse recepita “in tempi rapidi”. Questo auspicio per i Cinque Stelle è “un elemento di grave responsabilità oggettiva”. Ma forse non soggettiva, nel senso che se colpa c’è è di tutta la Banca d’Italia, a cominciare dal suo vertice, Visco.

Il dossier Cinque Stelle include anche una dichiarazione del 27 marzo 2014 di Signorini a favore del meccanismo di risoluzione unico europeo delle crisi bancarie (Srm) che il funzionario definisce “un pilastro di stabilità”. Per il M5S è grave perché si trattava di “una previsione naufragata contro i fatti negli anni successivi”. A fine del 2015, poi, all’indomani del decreto del governo Renzi che aveva avviato la risoluzione (fallimento) delle quattro banche Carichieti, PopEtruria, CariFerrara e Banca Marche, Signorini dichiarava (19 dicembre): “Il sistema bancario italiano è solido e ci sono pochissime Etruria”. E questa, per i Cinque Stelle è stata “una previsione ancora una volta smentita dai soldi dei risparmiatori italiani bruciati dalle numerose crisi bancarie che si sono poi susseguite”. Di risoluzioni vere e proprie, per la verità, non ce ne sono state altre – i casi delle due popolari venete hanno seguito un’altra procedura – ma la gestione di quelle quattro crisi del 2015 ha lasciato lunghi strascichi. Anche il governo Renzi ha sempre imputato alla Banca d’Italia, indicata come vera responsabile del decreto sulla risoluzione, la colpa di aver sottovalutato l’effetto valanga che la bassa valutazione dei crediti deteriorati fissata per legge avrebbe determinato.

L’ultimo capo di imputazione nel dossier M5S riguarda un altro auspicio sull’unione bancaria: che favorisca “l’aggregazione fra banche di diversi Paesi dell’area dell’euro”. Per i Cinque Stelle “questa posizione è il riflesso di una visione che pone gli interessi del nostro Paese in secondo piano rispetto a quelli della grande finanza internazionale”.

Signorini non paga quindi responsabilità individuali, ma il semplice fatto di essere il primo membro del vertice cui scade il mandato. A parte una breve tregua nei primi mesi del governo, i Cinque Stelle hanno ricominciato la loro pressione su Bankitalia per cambiare tutte le facce che contano. Il 10 maggio andrà in pensione il direttore generale Salvatore Rossi, applicando il “modello Signorini” il governo bloccherà anche la promozione quasi automatica del suo vice Fabio Panetta a direttore generale. E Panetta, uomo di collegamento tra Banca d’Italia e la Bce, ha fama di essere stimato dal presidente Bce Mario Draghi ed è il più accreditato come futuro governatore. Visco potrà resistere a un simile assedio? I Cinque Stelle preparano la trincea: sanno che il direttorio di Banca d’Italia può funzionare anche con un membro in meno e quindi, sembra di capire, vogliono bloccare il rinnovo del vice-direttore, non indicarne uno diverso da Signorini.

Basta guardare il pasticcio di comunicazione del ministro del Tesoro Giovanni Tria per capire il clima. Ieri prima ha dichiarato che l’indipendenza della Banca d’Italia è “un fatto istituzionale” (qualunque cosa significhi), poi la sua portavoce ha precisato che “le sue parole quindi non sono contro nessuno”. Visco e i suoi non potranno contare sulla sponda di Tria per resistere.

di Stefano Feltri da Il Fatto Quotidiano