
(Adnkronos) – Operare un tumore al cervello mentre il paziente è sveglio e suona il sassofono. E' l''awake surgery', che consente di mappare con estrema precisione durante l'intervento chirurgico i network neuronali che sottendono alle diverse funzioni cerebrali come suonare, parlare, muovere, ricordare, contare. A sceglierla e portarla avanti è il neurochirurgo Christian Brogna, responsabile Neurochirurgia del Paideia International Hospital di Roma. Dottor Brogna, perché, ancora oggi, c'è uno stigma attorno ai tumori del cervello? "Lo stigma nasce da una paura profonda – risponde il medico all'Adnkronos Salute – quella che il tumore possa intaccare non solo la salute, ma l'essenza stessa della persona. Il cervello è il nostro centro: è lì che vivono la memoria, il linguaggio, le emozioni, l'identità. Quando qualcosa minaccia questa sede così intima, il timore va oltre il piano clinico. Si entra in un territorio emotivo e culturale ancora difficile da affrontare apertamente". "Proprio per questo con la Fondazione Brain's Get Famous, di cui sono vicepresidente, lavoriamo per cambiare lo sguardo su questa malattia. Non solo sul piano scientifico, ma anche umano, culturale, sociale. Ogni anno, il 14 ottobre, illuminiamo i municipi di oltre 20 città nel mondo, da Los Angeles a Madrid, dal New Mexico a Roma, per accendere – in senso reale e simbolico – la luce sulla consapevolezza dei tumori cerebrali. E' un gesto semplice, ma potente: un modo per dire che non si è soli, che il silenzio si può rompere, che lo stigma può e deve essere superato", continua il neurochirurgo. "Dietro ogni intervento che faccio, dietro ogni storia che incontro – racconta – c'è questa convinzione: parlare di cervello non deve far paura. Deve far riflettere, unire e, soprattutto, accendere speranza".
L'awake surgery, la chirurgia a paziente sveglio, ha rivoluzionato l'approccio in molte aree. Che opportunità offre ancora? "L'awake surgery non è solo una tecnica – precisa Brogna – ma è una filosofia. Permette di operare in aree altamente eloquenti del cervello mantenendo il paziente vigile, così da mappare in tempo reale le funzioni più delicate. E' uno strumento straordinario per tutelare ciò che rende unico ogni individuo. Le opportunità sono ancora immense: oggi possiamo non solo rimuovere un tumore, ma farlo proteggendo al massimo le funzioni cognitive, emotive e relazionali della persona. Questo approccio apre una nuova frontiera nella neurochirurgia: più precisa, più umana, più personalizzata".
E i giovani medici si stanno avvicinando a questa 'specialità nella specialità'? "Per quanto riguarda i giovani medici", Brogna rileva "un interesse crescente e questo mi incoraggia. Ma l'awake surgery richiede molto più della tecnica: servono empatia, capacità di ascolto, collaborazione interdisciplinare. Non tutti sono pronti a dialogare con un paziente mentre gli stanno operando il cervello. Eppure, è proprio in quel dialogo che si trova la vera essenza di questa professione", sottolinea il chirurgo. In una sua intervista ha detto: "Mi interessa che il paziente, dopo l'operazione, sia esattamente come prima, che nulla della sua personalità si modifichi". Come si raggiunge questo obiettivo? Ha una sua roadmap? "Sì, ho una roadmap ben precisa. Ma non è fatta solo di esami e tecnologie: è fatta di relazioni umane – puntualizza – Prima ancora di entrare in sala operatoria, devo conoscere profondamente il mio paziente: chi è, cosa ama fare, cosa teme, a che punto della sua vita si trova. Voglio sapere cosa per lui o per lei è essenziale preservare. C'è chi mi dice 'dottore, l'importante è che io possa continuare a parlare con mia figlia', oppure 'devo poter suonare il mio strumento'. Queste parole guidano il mio intervento quanto e più delle immagini radiologiche".
"La parte tecnica è ovviamente fondamentale: utilizziamo risonanze funzionali, tractografie, test neuropsicologici. Durante l'intervento, grazie all'awake surgery, stimoliamo le aree cerebrali e monitoriamo le risposte del paziente in tempo reale. Ma tutto questo ha senso solo se lo uniamo a un ascolto autentico e profondo. Il mio obiettivo non è solo rimuovere un tumore. E' proteggere la persona nella sua interezza: la memoria, le emozioni, il senso dell'umorismo, la capacità di amare, di ricordare, di essere. Perché ogni cervello è unico. Ma soprattutto, ogni essere umano lo è", rimarca Brogna.
Da robot sempre più efficienti all'avanzare dell'intelligenza artificiale: come cambia la chirurgia? E come si deve preparare uno specialista oggi? "Il futuro è già presente. I robot ci aiutano ad essere più precisi, più stabili, a ridurre l'invasività. L'Ia sta già rivoluzionando la pianificazione preoperatoria, la lettura delle immagini, il supporto alle decisioni. Ma ciò che nessuna macchina potrà mai sostituire è il giudizio umano, la responsabilità clinica, la relazione medico-paziente", risponde il neurochirurgo. "Lo specialista del futuro – conclude – dovrà essere tecnologicamente competente, certo, ma anche profondamente umano. Capace di integrare algoritmi e intuizione, dati e compassione. Dovrà sapere lavorare in équipe, dialogare con ingegneri, neuroscienziati, psicologi. E allo stesso tempo, guardare il paziente negli occhi e capire cosa davvero conta per lui. La tecnologia ci offre strumenti straordinari. Ma il fine resta sempre lo stesso: curare senza mai dimenticare la persona". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)