Il Quotidiano Nazionale, ripreso da Il Fatto Quotidiano, ha pubblicato il testo di un’intervista a Carlo Nordio, magistrato in pensione (da sei anni), già procuratore aggiunto a Venezia e, soprattutto, ora, candidato nel partito Fratelli d’Italia, in corsa nell’uninominale e capolista in Veneto per la Camera. La sua mentore, Giorgia Meloni, aveva dichiarato alla Stampa che, in caso di vittoria della sua formazione politica, il Presidente della Repubblica avrebbe ben potuto indicare lei quale premier, incaricata di formare il muovo governo; in tal caso, la funzione di ministro della giustizia non potrebbe che essere attribuita all’ex p.m. trevigiano.
E Carlo Nordio, per spiegare agli sbigottiti cittadini il suo cambiamento di idea, dopo che aveva sempre (da quando aveva cominciato ad avere una certa notorietà) negato di poter candidarsi in politica, per ragioni etiche, largamente condivise (che hanno concorso a consolidare la sua fama di uomo retto e coerente), ha dovuto cedere ad un evidente adattamento della verità, facendo loro credere che, la sua, era stata una decisione repentina e dell’ultimo momento, scaturita da un approfondito suo recente colloquio con la Meloni.
In realtà, è una decisione che viene da molto più lontano e che fa parte di un consolidato programma di coalizione, connotato da idee che, un tempo, si sarebbero definite di destra (anche se, ora, questa espressione appartiene ad un vocabolario sempre più sfumato e incerto, sul piano del loro reale significato).
Ci saremmo aspettati, da un ministro della giustizia in pectore, qualche saggia e costruttiva proposta di concreto miglioramento del nostro Sistema giudiziario (soprattutto quello del settore civile, il cui malfunzionamento nuoce gravemente alla stessa economia del Paese), tante e tanto gravi sono le sue problematiche, che rendono sempre più inefficiente la risposta alla quotidiana domanda di giustizia nei tribunali italiani.
E, invece, no. Nordio, a meno di un mese dalle elezioni, ha subito pensato a due problemi, che, evidentemente, gli stanno tanto a cuore e che ritiene prioritari: 1) rassicurare i parlamentari che, in caso di iniziative, in loro danno, assunte dai pubblici ministeri, potrebbe essere ripristinata la vecchia autorizzazione a procedere; 2) rendere l’azione penale “facoltativa” e non più “obbligatoria”, come ora prevede il sistema configurato dalla Costituzione italiana.
E queste sarebbero le prioritarie linee guida del futuro ministro della giustizia? Possibile che non gli sia venuto in mente altro?
Fra tante altre possibili osservazioni, anche riferite al merito, che, in questa sede, non sono possibili, per esigenze di sintesi (ma sulle quali mi riservo – se mi sarà consentito – di ritornare), ritengo, per il momento, di limitarmi a rilevare il preoccupante suo apparente disinteresse per i problemi della giustizia civile, che sono quelli che stanno più a cuore alle imprese ed ai cittadini e per i cosiddetti reati bagatellari (che tali tuttavia non sono), i quali tradizionalmente, sono oggetto di una sostanziale trascuratezza da parte dei pubblici ministeri perché riferiti a eventi di scarso interesse mediatico..
Ma, così, l’imbarbarimento del sistema giudiziario penale è dietro l’angolo, soprattutto se l’azione penale sarà resa facoltativa, cioè, in pratica, condizionata a scelte politiche e frutto di una sostanziale sottomissione dei magistrati al potere politico.
Dobbiamo essere certi che Nordio spiegherà alla gente che, in molti Paesi civili (come, ad esempio, negli Stati Uniti), l’azione penale è facoltativa e che, ciononostante, il sistema funziona bene; ma gli ricorderemo, anche che, in quel Paese, tutto è radicalmente diverso, a cominciare dall’organizzazione dello Stato e dalla cultura giuridica, ben distante dalla nostra.
Ora che ha deciso di scendere in politica attiva, affiancandosi ad uno schieramento partitico ben preciso, sarà bene che Carlo Nordio faccia uno sforzo di grande prudenza prima di esternare i suoi programmi riformatori, vanificando, con quattro slogan, anni di battaglie e di serrati dibattiti.