Salario minimo, Cisl: un falso mito che distrae dai veri problemi del mercato del lavoro

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Raffaele Consiglio
Raffaele Consiglio, segretario provinciale CISL Vicenza

(Articolo di Raffaele Consiglio, Segretario generale provinciale CISL Vicenza da Vicenza Più Viva n. 2 ottobre-novembre 2023sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Il segretario generale provinciale Raffaele Consiglio illustra la posizione di Cisl sul salario
minimo: «In provincia di Vicenza sarebbero poche centinaia di persone ad ottenere un
piccolo beneficio, a fronte del blocco della crescita salariale per molti più lavoratori».

In apparenza è la madre di tutte le battaglie per difendere il potere salariale dei lavoratori e combattere le forme di sfruttamento. Come spesso accade, però, la realtà è ben diversa dagli slogan e come Cisl riteniamo che un tema essenziale come la retribuzione delle fasce più deboli dei lavoratori e il relativo inquadramento contrattuale non possa essere affrontato sulla base di posizioni che appaiono più che altro ideologiche, slegate dalla realtà.

Quando è stato avviato il dibattito sull’opportunità di introdurre anche in Italia una legge sul salario minimo, Cisl ha evidenziato da subito alcuni rischi, pur appoggiando nello spirito ogni riforma tesa a garantire maggiori tutele ai lavoratori. Ma è proprio questo il problema: la riforma oggetto di discussione, che fisserebbe a 9 euro il salario minimo, rappresenta davvero quel progresso che si vorrebbe far credere?

Noi riteniamo di no. Innanzitutto, ci sono i numeri: la stragrande maggioranza dei  lavoratori ai quali viene applicato un contratto nazionale già oggi hanno un salario superiore ai 9 euro. Nella provincia di Vicenza, tanto per calare il tema sulla nostra realtà territoriale, sarebbero in poche centinaia a ottenere un piccolo beneficio.

Si può obiettare che, se anche pochi lavoratori ne traessero vantaggio, sarebbe comunque un progresso. Ma qui dobbiamo evidenziare il forte rischio a cui finirebbe per essere esposto un numero molto maggiore di lavoratori: se già possono contare su un salario superiore al minimo di legge, sarà ben più difficile in occasione delle prossime contrattazioni chiedere ulteriori rialzi, partendo da una condizione che – se dovesse essere approvato il salario minimo a 9 euro lordi – finirebbe per sembrare già “privilegiata”.

Con il risultato di bloccare o rallentare la crescita salariale per la stragrande maggioranza dei lavoratori: questo sì sarebbe un grave rischio che, come Cisl, non possiamo correre.

C’è poi la questione del contrasto alle forme di sfruttamento dei lavoratori, ma la verità è che l’introduzione del salario minimo sarebbe fondamentalmente inefficace su questo fronte. Oggi, infatti, lo sfruttamento si sviluppa in tutte quelle situazioni in cui i contratti nazionali (e dunque anche l’ipotizzato salario minimo) non vengono applicati: certe forme di finta cooperazione, l’abuso delle partite iva, per non parlare del lavoro nero. Non solo, l’esperienza estera ci dimostra che l’introduzione di un salario minimo può produrre anche l’effetto paradossale di abbassare il grado di adesione ai contratti nazionali, dove oltre ai livelli salariali sono inserite altre fondamentali garanzie per i lavoratori.

In Germania, dopo l’introduzione del salario minimo, nell’arco di un decennio l’adesione ai contratti nazionali è scesa dal 72 al 54% delle imprese. Cerchiamo di non cadere nella trappola di pensare che tutto ciò che si fa all’estero sia automaticamente migliore rispetto alla condizione italiana: i numeri dimostrano che non è così, non su questo tema per lo meno.

Per questo motivo, chiediamo di lasciare da parte gli slogan e le ideologie e di affrontare seriamente la questione della tutela dei lavoratori in un momento storico in cui i salari sono sottoposti ad una fortissima pressione inflattiva. Occorre lavorare per contrastare le forme di sfruttamento citate in precedenza e note a tutti, ma per le quali incredibilmente non si è ancora fatto niente, e calmierare quelle voci di costo che sono alla base del rialzo dei prezzi
registrato nell’ultimo anno.

Sono queste le misure di cui i lavoratori hanno davvero bisogno, i veri problemi del mercato del lavoro dai quali il dibattito sul salario minimo rischia solo di distrarci.