Codex diplomaticus cajetanus: il ruolo dei documenti storici

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Codex diplomaticus cajetanus
Il Codex diplomaticus cajetanus. Credits: acistampa.

Siamo abituati a ricostruire le vicende del secolo scorso attraverso i ricordi dei nostri nonni e dei loro genitori, ma come possiamo conoscere ciò che è accaduto 500, 1000 anni fa con dovizia di particolari e persino con diversi gradi di certezza? È solo merito dei documenti che riescono a pervenire sino a noi e, quindi, della cura che abbiamo nel conservarli; il tutto, ovviamente, condito da una buona dose di fortuna che renda possibile la consultazione di pagine ancora leggibili e di testimonianze non “rivisitate” dal tempo. Quanti racconti del passato sono andati distrutti e quanti, invece, sono stati “accomodati” secondo i desideri di imperatori, re, papi e politici di ogni sorta?

Sono ben 648 i documenti che sono riusciti a scampare alla distruzione dell’Abbazia di Montecassino: insieme, costituiscono il Codex diplomaticus cajetanus, datato al 984, tassello fondamentale delle ricostruzioni storiche del Medioevo della Riviera di Ulisse e dell’epoca del Ducato di Gaeta.

Espansione del Ducato di Gaeta.
Espansione del Ducato di Gaeta. Fonte: wikipedia.

Una importante raccolta di documenti – Il fatto che il Codex diplomaticus cajetanus si sia forgiato all’interno del massimo centro monastico d’Occidente del suo tempo rende questa raccolta di documenti ancora più importante.

Si tratta di una risorsa di altissimo rilievo che descrive oltre mezzo secolo di storia (il periodo dall’830 al 1399), includendo tutta la vita del Ducato di Gaeta (840-1140) e diventando, quindi, anche testimonianza di ciò che è accaduto prima, durante e dopo la sua esistenza; analizzando a corredo i territori che politicamente e amministrativamente vi si ritrovarono legati. Da Fondi al Garigliano, da Terracina a Cassino e alle Isole ponziane sono tantissime le località (anche minori) che vengono citate e che fanno parte di questo lungo racconto. Una trattazione molto ampia contenente apografi (cioè copie di originali manoscritti) e trascrizioni precedenti.

E se questo non bastasse a lasciarne intuire la preziosità, va ricordato che il codex è stato redatto in latino medievale: non la lingua dei grandi poeti, ma quella già infarcita di strutture e termini provenienti dal linguaggio popolare, pur rimodulata a seguire le caratteristiche formali che i documenti dell’epoca dovevano rispettare.

Tanti gli esperti che hanno contribuito alla redazione e alla pubblicazione del codice, tra cui Pietro Fedele, storico traettese e Ministro della Pubblica Istruzione in epoca fascista, e Erasmo Gattola (VIII secolo), storico e archivista del monastero da cui è partita questa lunga catena di studi.

Ma cosa contiene quest’opera così densa e ricca?

Scartabellando tra le sue pagine – più che altro atti pubblici di vendita, donazioni, testamenti e sentenze – è possibile ritrovare accadimenti della vita pubblica, sociale ed economica della Gaeta che fu immersi in un panorama fatto di tanti dettagli interessanti, dalle personalità più influenti del proprio tempo ai racconti (seppur indiretti) riguardanti le classi sociali più basse e gli insediamenti locali, fino al ruolo man mano rivestito dalle istituzioni e dalle autorità; è possibile farsi un’idea, quindi, anche di come venisse applicata la legge e di come cambiassero e si rivoluzionassero, nel corso dei secoli, gli scenari politici e sociali. Non mancano i “diplomi”, come vengono chiamati, redatti da papi, imperatori e altri personaggi storici di rilievo.

È proprio analizzando l’opera che si è scoperto, ad esempio, che l’amministrazione del Ducato di Gaeta aveva inglobato ed affiancato elementi del diritto romano e del diritto longobardo.

Codex diplomaticus cajetanus
Codex diplomaticus cajetanus in restauro. Credits: acistampa.

Il restauro – Nel 2016, il Codex diplomaticus cajetanus ha fatto un piccolo viaggio, da Gaeta a Roma: l’occasione era un restauro di una sua antichissima e preziosissima parte, l’Exultet, il canto liturgico che annuncia la resurrezione durante la notte di Pasqua. I rotoli più datati risalgono all’alto Medioevo e il codex ne menziona uno che tratta della benedizione del cero e della fonte battesimale.

Il lavoro è stato curato dall’Istituto Centrale per la Conservazione e il Restauro del Patrimonio Archivistico e Librario di Roma diretto dalla dottoressa Maria Letizia Sebastiani e compiuto dalla dottoressa Lucrezia Vardaro, che ha saputo riportare alla luce le miniature rappresentanti i temi dell’Exultet e delle raffigurazioni medievali, tra cui l’immagine del Cristo in trono, scelta dall’Arcivescovo per l’VIII Sinodo diocesano. Secondo quanto riferito dalla responsabile del Laboratorio di Restauro, Lucilla Nuccetelli, il manoscritto è stato ripulito delle aggiunte dei precedenti – e invasivi – restauri ed è stato trattato al fine di riportarlo, per quanto possibile, allo splendore originario.

L’Exultet, così, è entrato a far parte di un gruppo di manoscritti pregiati insieme al codice purpureo di Rossano, alla Cartula con la benedizione di San Francesco a fratello Elia e ad altri pezzi orientali.

Oggi è esposto nel Museo diocesano di Gaeta.