Commissione d’inchiesta sulle banche, il candidato del M5S Elio Lannutti è “bruciato”

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Lo “stallo alla messicana” è quando due o più persone si tengono sotto tiro a vicenda finendo, appunto, bloccate: la maggioranza giallorosa a quattro è in un classico stallo alla messicana, che al momento – insieme a giustizia, autonomia, legge elettorale, etc. – s’è portata dietro pure le due commissioni d’inchiesta votate con la Lega e ancora senza un accordo su chi debba presiederle.

Quella che più rileva in questa fase è quella sul sistema bancario, che dovrebbe occuparsi anche dell’ultima arrivata tra le “salvate”, Pop Bari (il decreto che dà a Mediocredito i soldi per entrare nell’istituto è in Gazzetta Ufficiale). Ieri l’ennesima convocazione per eleggere il presidente della commissione è stata rinviato e con la buona ragione che non è chiaro chi sarà. Il candidato del M5S è Elio Lannutti, ma il senatore è già bruciato: un po’ per l’infortunio social di qualche tempo fa, quando ritwittò un post antisemita, un po’ perché il suo nome fa venire la pelle d’oca a Banca d’Italia (a cui, tra gli altri, dedicò quattro anni fa il libro La banda d’Italia); senza senso, invece, invocare un conflitto di interessi perché suo figlio fa l’impiegato – e non certo il manager, neanche di filiale – in Popolare di Bari. In ogni caso Luigi Di Maio, davanti alle barricate del Pd, ha già deciso di cambiare cavallo, nonostante Lannutti – che ieri ha visto Beppe Grillo – ripeta che non rinuncia a candidarsi.

Chi sarà allora il presidente? Girano tre nomi, ma due hanno un problema: Carla Ruocco e Laura Bottici occupano già poltrone di peso – presidente di commissione alla Camera la prima, questore in Senato la seconda – e non è un buon momento per liberare caselle che non si sa come riempire. L’altro nome è quello di Raphael Raduzzi, giovane deputato con laurea in economia, che è stato il capofila della resistenza M5S alla firma del Trattato di riforma del Mes: un nome che non dovrebbe creare problemi al Pd e potrebbe avere anche i voti della Lega.

Certo, Raduzzi sarebbe meno inviso all’alta burocratja di Banca d’Italia rispetto a Lannutti, ma non è un profilo che lasci tranquilli Ignazio Visco e compagnia. È appena il caso di ricordare che nel caso della commissione sulle banche della scorsa legislatura, gli alti lai preventivi del governatore – assai amplificati dal Colle – portarono alla presidenza Pier Ferdinando Casini.

Stavolta un nome come quello dell’eterno parlamentare democristiano – così adatto a “troncare, sopire” – non sarà possibile ottenerlo, ma è la situazione a preoccupare Banca d’Italia ancor più dei nomi: lo stato gassoso della maggioranza e degli stessi partiti che la compongono fa sì che nessuno sia in grado, semmai partisse la commissione, di controllarla. Il rischio per Visco & C. è che i loro molti peccati – in opere e omissioni – durante gli ultimi anni del settore bancario vengano fuori senza filtro. Tanto più che i grillini continuano a picchiare sul quartier generale. Questo, ad esempio, è il ministro Patuanelli: “È evidente che nella vigilanza la Banca d’Italia non esercita fino in fondo la sua funzione”.

Lo stallo alla messicana e l’ostilità del M5Sstanno pure bloccando la prossima nomina prevista a Palazzo Koch, cioè l’ascesa dell’ex Ragioniere generale Daniele Franco da membro del board a direttore generale (visto il trasloco di Fabio Panetta alla Bce): il direttorio di Bankitalia, convocato venerdì, dovrebbe slittare a dopo le feste. D’altronde, com’è noto, in politica meglio tirare a campare che tirare le cuoia. E poi chi lo sa che può succedere a gennaio.

di Marco Palombi da Il Fatto Quotidiano