
(Articolo sulla storia dei dazi da Vicenza PiùViva n. 297, sul web per gli abbonati ora anche il numero di 298 di maggio, acquistabile in edicola in versione cartacea).
Dai Sumeri alla globalizzazione, i dazi hanno sempre avuto un ruolo chiave: non solo tasse sul commercio, ma strumenti di potere, protezione e confronto tra Stati.
I dazi sono uno degli strumenti economici più antichi e da sempre svolgono un doppio ruolo, il primo di controllo economico del commercio e della competizione tra Stati, il secondo di fonte di reddito degli stessi. Fin dai tempi antichi, tassare il commercio è uno dei modi per regolare i flussi di merci e proteggere l’economia interna.
Il termine “dazio” deriva dal latino datio, che significa “atto del dare”, un’origine che suggerisce un tributo obbligato, un contributo forzato richiesto a chi desiderava far transitare le proprie merci oltre i confini di un territorio. Interessante è anche la parola dogana, che deriva dal latino medievale siciliano dovana, a sua volta derivante dal verbo arabo dīwān, un’etimologia affine anche ad altre lingue europee, come il francese douane e lo spagnolo aduana. Una dimostrazione di quanto il controllo commerciale e la tassazione delle merci abbiano delle radici condivise nel mondo.
Le origini e l’antichità
In antichità, già 4.000 anni fa, furono i Sumeri ad applicare i primi tributi sul commercio, mentre in Egitto si sviluppano e diventavano parte fondamentale dell’economia le imposte su merci pregiate – come spezie e metalli. Tuttavia, come spesso accade, è l’Italia con l’Impero Romano che garantisce la nascita di un vero e proprio sistema organizzato di dogane, che vengono istituite lungo le principali vie commerciali e permettono così un controllo rigoroso sulle merci e un’entrata costante all’Impero. Un modello che ha influenzato da allora il modo di gestire il commercio tra Stati.
Dal Medioevo all’età delle città-stato
Durante il Medioevo, in Europa ci fu un ulteriore sviluppo del sistema dei dazi, poiché le città stato e i piccoli feudi si dotarono di sistemi doganali interni, imponendo tassazione ai prodotti commerciali in transito, sia su prodotti più semplici come la lana e il grano, sia su prodotti più ricercati come le spezie. In particolare, furono le repubbliche marinare, come Venezia e Genova, a diventare potenti e ricche proprio grazie al controllo che esercitavano sul commercio via mare, con l’applicazione di tariffe ben definite su qualunque tipo di merce attraversasse i loro porti.

L’epoca moderna: protezionismo e libero scambio
In seguito, con l’affermarsi degli stati-nazione, i dazi assunsero il ruolo di uno strumento di politica economica favorendo politiche protezionistiche. Ad esempio, fu l’Inghilterra che nel XVII secolo adottò politiche protezionistiche che favorirono la propria industria e la propria marina. Ci furono poi degli economisti, come Adam Smith e David Ricardo, che teorizzarono e suggerirono che eliminare le barriere commerciali avrebbe favorito una maggiore efficienza economica a livello globale. Questo fu il momento in cui si sviluppò la teoria del neo-liberismo, e anche il momento in cui nacque l’acceso dibattito tra chi difendeva il protezionismo per proteggere le industrie nazionali (pratica adottata da paesi come gli Stati Uniti e, in parte, dalla Germania) e chi, dall’altro, promuoveva il libero scambio. Un esempio emblematico fu rappresentato dal Tariff Act del 1930 negli Stati Uniti, noto come “Smoot-Hawley Tariff”, che, aumentando drasticamente le tariffe, contribuì ad aggravare la crisi economica mondiale durante la Grande Depressione. Durante la Seconda guerra mondiale poi, ci fu un inevitabile ritorno al protezionismo, dato anche dai progetti di
autarchia portati avanti dai regimi del 900 e la difficoltà a commerciare tra Stati in guerra.
Tuttavia, dopo la caduta del nazifascismo e la divisione del mondo in blocchi, questa teoria fu quasi del tutto eliminata (almeno nella zona di influenza americana), a favore del mondo globalizzato e più o meno libero in cui abbiamo vissuto finora e che ora è decisamente in crisi.