
Queste due poesie di Yuleisy Cruz Lezcano vogliono rendere omaggio, una, Garofano spezzato, a Mesut Islami, che ha perso la vita nello scontro tra camion a Voltana, e, l’altra, Mano nella luce, a Mohammed Salifu, anche lui camionista e anche lui scomparso tragicamente nella cava di Fosso Ghiaia, trasformando la tragedia della morte sul lavoro in immagine simbolica e meditativa. La poesia nasce dal desiderio di restituire dignità e umanità alle loro storie, di accompagnare con rispetto le loro famiglie nel dolore e, allo stesso tempo, di denunciare le ennesime morti sul lavoro, ferite che riguardano tutti noi.
Yuleisy Cruz Lezcano, poetessa e scrittrice, da oltre due anni si adopera per donare parole alle vittime di incidenti sul lavoro affinché “le parole possano raggiungere i loro cari, la comunità che li stimava e tutte le persone sensibili a questo tema. Credo profondamente che la poesia possa diventare un gesto di cura, un piccolo spazio di luce nel mezzo di un dolore così grande“.
Garofano spezzato
Ci sono anniversari che tutti ricordano,
fiori e luci sui giornali, applausi
nel tempo.
Poi ci sono storie che svaniscono,
ombre che camminano tra la polvere senza nome.
Alcuni nomi si ricompongono
nella stanchezza delle nostre mani,
e ci sediamo tutti in un altro vuoto,
nel luogo muto in cui non vediamo
come si spezza un respiro sul lavoro.
Le case hanno il sole tramontato dentro,
ne resta soltanto il sogno
al margine del tavolo.
C’è la quiete melanconica che prosegue,
c’è un grillo che ci salta addosso,
c’è un riccio morto sul bordo della strada,
piccoli avvisi che ignoriamo,
segni di un mondo che cade piano
mentre noi guardiamo altrove.
Non vediamo chi cade,
non vogliamo vedere ogni giorno
gli uomini scompaiono
tra lamiere contorte e pietre.
Il loro respiro sospeso
è cenere che non cade.
E poi c’è lei, la memoria,
quello che era l’uomo
resta nella cava,
il suo corpo è un garofano spezzato
tra metallo e polvere,
le mani immobili, gli occhi chiusi,
la vita strappata in un lampo di ferro e rumore.
Per lui era l’ultimo giorno di vita.
Il suo casco nella nebbia
è sprofondato fino al cuore.
Qualcuno avrebbe potuto dirgli:
“Non uscire ora.”
Ma il vento tremava e lui
si tolse lo sguardo,
per perdere di vista i propri occhi
che si riempivano di vuoto.
Questa poesia nasce dal bisogno di dare voce a chi scompare nel silenzio della fatica quotidiana. I camion, la cava, la polvere e il metallo diventano metafore di vite spezzate, di lavoro che è insieme sostentamento e rischio. La dedica vuole ricordare non solo chi ha perso la vita sul lavoro, ma tutti coloro che ogni giorno affrontano la precarietà, il pericolo, la stanchezza, portando sulle spalle il peso della sopravvivenza.Questo garofano spezzato non è solo cronaca di un tragico incidente, ma un segno di ricordo e di parole restituite a chi ha vissuto al fianco di Mesut: la moglie, i figli, i nipoti, gli amici, e tutta la comunità di Voltana che lo ha conosciuto e apprezzato.
La poesia ci insegna che la memoria non si limita a registrare eventi: le parole possono accarezzare il dolore, accompagnare chi resta, restituire dignità e umanità a chi se n’è andato.
Mano nella luce
L’erba risplende più verde
di un giorno fa,
sembra ricordarlo:
un’ombra avanza
in mezzo a un presagio lieve.
Tra i cespugli, un giardino nascosto
si rivela dolce allegoria della morte,
un altare di foglie che respira in silenzio.
Un suono abbagliante di elitri
frantuma l’aria, e il vento del nord
passa, remoto, dice
“qui non c’è nessuno”
come se volesse cancellare
il suo nome appena nato nel lutto.
Ora appare un bambino antico,
immagine del suo passato,
che un tempo gli somigliava
nel gesto e nella pazienza.
Le sue mani lente piegano ali mute
in un incavo di terra,
un varco tra i mondi,
dove si inventa
una preghiera per lui:
parla di libertà, di cielo
spalancato per domani,
di un volare molto in alto
oltre il ferro e l’imprevisto.
I polpastrelli del bambino modellano
una tomba di polvere,
gli stessi che, dopo vent’anni,
sono diventati le dita della terra stessa,
bagnate nell’erba che ora attesta
che non c’è cicatrice
né ombra della ferita,
solo un riflesso di vita
mentre il vento lo nomina.
E quando lo sguardo ritorna
al giardino segreto,
il bambino non c’è più:
si è dissolto dove finiscono
le memorie, ma si affaccia
tra i rami della mente,
porta in mano una piccola luce
e la offre all’uomo nel bosco di Ome,
che si abbandona
all’istante che nessuno può misurare.
La sorte piega la linea del giorno,
e il mondo si inclina sul confine
tra gesto e destino.
Il bambino di un tempo è tornato a lui:
lo ha guardato con occhi di cielo,
ha preso la sua mano senza peso
e gli ha indicato un varco di luce
oltre al corpo schiacciato,
sotto il peso del trattore.
Questa poesia vuole rendere omaggio a Mohammed Salifu, uomo e lavoratore, trasformando la tragedia della sua morte sul lavoro in immagine simbolica e meditativa.
Yuleisy Cruz Lezcano








































