«Hai intenzione di fare figli?»: lavoro, diritti e pregiudizi sulle donne nel Paese che non cambia

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Casa o lavoro per le donne
Casa o lavoro per le donne

(Articolo su lavoro e diritti delle donne da VicenzaPiù Viva n. 303sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Storie di discriminazioni quotidiane, di stipendi negati e di talenti svalutati ma non solo al femminile. Dalla laureata “troppo qualificata” alla madre esclusa dai colloqui, un mosaico di ingiustizie che il recepimento della direttiva europea sulla parità retributiva potrà forse cominciare a correggere. Ma prima serve cambiare mentalità.

«Vedo l’età sul cv, hai intenzione di fare figli a breve?»; «Non posso assumerti con laurea e master, ti dovrei proporre una retribuzione al 6° livello»; «Cercasi cameriera carina per bar».
Sono solo alcuni esempi di annunci o discorsi discriminatori che compaiono durante la ricerca e i colloqui di lavoro, e che tutte noi abbiamo visto o sentito almeno una volta nella nostra carriera.
A volte non c’entra tanto l’essere donne, ma l’essere giovani, e quindi i discorsi discriminatori si ripercuotono anche sugli uomini.
Ricordo ancora nella mia ricerca di un tirocinio durante la laurea magistrale che un’azienda locale mi ha tenuto in ballo un mese, salvo poi liquidarmi dicendo “Non abbiamo abbastanza personale in sede per formare stagisti, causa Covid-19”. Preciso che gli stage curricolari, svolti durante la scuola superiore, i percorsi di laurea triennale o magistrale, e i master, sono (quasi totalmente) svolti gratuitamente, ovvero senza alcun rimborso, ma necessari per poter prendere il diploma o laurearsi.

Discriminazione di genere
Discriminazione di genere

Altre volte invece ci dicono che siamo troppo vecchie e non ci possono pagare per la nostra esperienza. Chiara nella sua lunga carriera ha vissuto diverse situazioni di discriminazione: poco più che trentenne, quando l’azienda per cui lavorava era in crisi, il suo diretto superiore le ha consigliato di «trovarsi un marito in modo da sistemarsi e non avere più problemi economici». Più avanti nel tempo, ha dovuto affrontare i problemi che toccano a una donna quando supera i trent’anni: la difficoltà del ricollocamento, perché alcune aziende spesso non assumono donne titolate e con esperienza per “evitare di pagarle di più”, mentre al contrario ci si può “permettere” di sottopagare un giovane facendo leva sulla sua speranza di acquisire esperienza. E sulla situazione dei giornalisti, maschi e femmine che siano, si dovrebbe aprire un capitolo specifico, dato che la maggior parte dei media cartacei, televisivi, radiofonici e online, offrono agli aspiranti la possibilità di fare il biennio per ottenere il tesserino senza essere retribuiti; ci sono poi le testate che ricercano collaboratori pro-bono (certo, è bello scrivere per passione, ma…). Per non parlare di colleghe e colleghi che da anni lavorano pro editore se non pro bono…
E poi, tante volte, subentrano anche le fatidiche domande sulla famiglia: Veronica, a poco più di vent’anni, quando iniziava a destreggiarsi nell’intricato mondo del lavoro, già si sentiva chiedere, durante i colloqui, se avesse intenzione di fare figli.

Una lotta (vecchia_) per la parità di retribuzone
Una lotta (vecchia_) per la parità di retribuzione

Sofia, un marito e due bambini, quando va a un colloquio di lavoro riceve sempre la
fatidica domanda: «Hai figli?»; nonostante l’esperienza, di solito le vengono preferite ragazze giovani, senza legami e senza bambini da portare a scuola, da accudire il pomeriggio o che si ritrovano spesso ammalati e quindi bisognosi di cure. Ma a suo marito, quando fa un colloquio, “succede lo stesso?”, mi chiedo…
Parliamo poi della formazione troppo “alta”: Marta mi racconta che durante i colloqui di lavoro veniva sempre “bocciata” perché aveva troppi titoli, mentre per quelle posizioni si ricercavano persone appena laureate e senza esperienza in modo da poterle pagare poco. Pare che oggi gli anni di formazione vadano quasi nascosti e tolti dal curriculum vitae, assieme ai titoli che, per quanto qualificati siano, vanno eliminati/celati/rimossi se si vuole lavorare.

Lavoro e maternità
Lavoro e maternità

E poi c’è anche l’estremo opposto: la ricerca di neolaureati con esperienza. Uno studente
può aver lavorato per pagarsi gli studi, certo, ma probabilmente non nell’ambito in cui ricerca una professione dopo la laurea, e dunque che tipo di esperienza può avere?
Dopo la laurea, invece, la tendenza che va per la maggiore è offrire stage non pagati di (almeno) sei mesi (e ricordiamo che possono essere anche prorogati per altri sei); chiaramente chi non vive più con i genitori– perché già fuori sede dall’università o perché sceglie di andare a convivere – non può di certo pagare un affitto, anche perché gli stage sono solitamente full time e dunque è altamente improbabile riuscire a fare un secondo (primo?) lavoro per potersi mantenere.
Terminata la fase dello stage, viene proposto il contratto di apprendistato che – pur dignitoso – rappresenta un triennio in ogni caso sottopagato rispetto al valore del lavoro effettivo.
Un po’ più “fortunati” in tal senso sono coloro che vengono assunti (in stage o in apprendistato) da grandi aziende o multinazionali, perché perlomeno possono ottenere buoni pasto, buoni welfare, smart working, convenzioni con sconti su palestre, piscine, etc.
Pur non avendo subito discriminazione, Elisa, che ha trovato un posto di lavoro con fatica dopo la laurea, anche a causa del Covid-19 e dei suoi lunghi strascichi, ha accettato una mansione per cui sarebbe in realtà troppo qualificata. Di conseguenza, mentre tutti i suoi colleghi hanno la maturità, lei ha due lauree per cui non viene valorizzata né pagata abbastanza. Tra l’altro non è retribuita quanto un uomo del suo stesso livello e per di più non ha le stesse possibilità di carriera dei suoi colleghi maschi.
Infatti, quando il suo responsabile andrà in pensione, la scelta ricadrà – non su di lei – ma su un uomo, che per giunta è “figlio di”.
E la credibilità? Francesca, dopo la laurea in psicologia, aveva iniziato a fare pratica all’interno di un centro associato di psicologi; la direttrice un giorno l’aveva invitata a indossare scarpe con il tacco e abiti più eleganti che le dessero un tocco di serietà in più, perché «il suo aspetto estetico da 25enne la rendeva poco credibile per lavorare con gli adulti».
Francesca aveva continuato a vestirsi come in precedenza, curata ma con un abbigliamento che la facesse sentire a suo agio alla sua età; la conseguenza era stata che i pazienti che le venivano affidati erano sempre e solo adolescenti.
La parità salariale poi è ancora lontana. Laura ha studiato cinque anni all’università e neppure dopo dieci anni di lavoro riesce a guadagnare tanto quanto un collega uomo dello stesso livello.
Il Parlamento Europeo nel frattempo ha approvato la direttiva 970/2023 che renderà obbligatorio per le aziende inserire all’interno degli annunci la retribuzione annuale del lavoratore; il Parlamento italiano, con la legge n. 15/2024, ha dato mandato al Governo di scrivere il decreto, e il recepimento dovrà avvenire entro il 7 giugno 2026. La direttiva mira a contrastare il divario contributivo tra i generi, dato che secondo la recente stima fatta dal documento “Rendiconto di genere 2024” dell’Inps (che analizza le retribuzioni mensili), le lavoratrici sono pagate il 20% in meno rispetto ai lavoratori in quasi tutti i settori considerati.
Questo è in parte dovuto anche al “segreto retributivo”, ovvero alla mancata dichiarazione della retribuzione all’interno degli annunci di lavoro. Infatti, secondo l’indagine compiuta da Reverse (azienda internazionale nel campo della selezione del personale), solo il 4% degli annunci italiani di offerta lavoro mostra la retribuzione spettante (e non siamo i soli in Europa).
Se è vero che “C’è un’ignoranza da analfabeti e un’ignoranza da dottori”, come affermò Molière, significa che in giro c’è molta ignoranza sulle parole da dire e sugli annunci da parte di responsabili risorse umane, direttori e proprietari di aziende.
E allora è il caso di prendere una penna in mano e iniziare a riscrivere e a imparare a parlare. Di lavoro e dignità.