
Il prezzo del petrolio è da sempre considerato uno dei termometri più sensibili per misurare la salute dell’economia globale, ma negli ultimi cinque anni ha attraversato una delle fasi più drammatiche e istruttive della sua storia moderna. Questa epopea inizia con il crollo storico del 2020, quando, per la prima volta in assoluto, il benchmark WTI petrolio prezzo scese sotto lo zero, proseguendo poi con il tumultuoso rimbalzo post-pandemia tra il 2021 e il 2023, per culminare nella stabilizzazione incerta e strutturalmente ribassista che caratterizza il biennio 2024-2025. In questo articolo, ripercorriamo la storia del prezzo del petrolio a partire dal 2020, focalizzandoci sul periodo post-pandemico per analizzarne le cause profonde, le conseguenze sistemiche e le lezioni cruciali apprese da un mercato costantemente sottoposto a shock di offerta, guerre commerciali, pressioni della transizione energetica e, nonostante tutto, una sorprendente resilienza.
2020: Il Collasso Logistico e Finanziario del Barile
Il 2020 rimarrà negli annali come l’anno del collasso senza precedenti, un evento che ha esposto la profonda vulnerabilità del mercato petrolifero fisico. Dopo aver oscillato a gennaio intorno ai 65 USD/barile per il Brent e 58 USD per il WTI, l’arrivo della pandemia di COVID-19 e l’imposizione dei lockdown globali hanno innescato una devastazione della domanda, che è crollata in poche settimane del 20-30% a causa di raffinerie bloccate, aerei a terra e mobilità ridotta ai minimi termini. A peggiorare drasticamente la situazione, l’incapacità iniziale dell’OPEC+ di concordare significativi tagli di produzione ha scatenato una brutale guerra dei prezzi tra Arabia Saudita e Russia, con Riyadh che ha inondato il mercato di greggio; il risultato di questa combinazione letale di domanda inesistente e offerta abbondante è stato un eccesso stimato in 15-20 milioni di barili al giorno. Il culmine di questa crisi si è raggiunto il 20 aprile 2020, quando il contratto futures WTI di maggio è scaduto a un incredibile -37,63 USD/barile, un prezzo negativo causato dalla totale saturazione della capacità di stoccaggio, in particolare nei serbatoi cruciali di Cushing, Oklahoma, dimostrando che il mercato finanziario può forzare i produttori a pagare pur di liberarsi di una merce fisica indesiderata.
2021-2022: L’Impennata V-Shaped e l’Impatto della Geopolitica
La seconda fase di questa storia è stata caratterizzata da una spettacolare ripresa, innescata dall’introduzione dei vaccini e dalla massiccia riapertura delle principali economie globali; il 2021 fu l’anno del grande rimbalzo, con la mobilità globale che è tornata rapidamente al 90% dei livelli pre-pandemia e il sostegno cruciale di ingenti stimoli fiscali (come l’American Rescue Plan negli USA e il NextGenerationEU), che hanno alimentato una domanda reattiva e aggressiva, mentre l’OPEC+ manteneva una disciplina nei tagli. Questo rapido rally ha spinto il WTI a superare gli 85 USD e il Brent gli 86 USD a ottobre 2021, un recupero “a V” che ha riportato i prezzi da -37 USD a +85 USD in appena 18 mesi. Tuttavia, questo momentum è stato bruscamente interrotto nel 2022 con lo shock dell’invasione russa dell’Ucraina a febbraio, che ha fatto schizzare il Brent a 133 USD/barile, il massimo dal 2008, a causa della paura di interruzioni nell’export russo e dell’aumento vertiginoso dell’inflazione globale. Sebbene la successiva azione congiunta dell’OPEC+ e l’immissione di greggio dalle Riserve Strategiche USA abbiano calmierato i prezzi, la delusione derivante dalla politica cinese “Zero-COVID” ha fatto sì che l’atteso “superciclo” si dissolvesse rapidamente, riportando i prezzi a fine 2022 nella fascia 80-85 USD.
2023-2024: Normalizzazione e l’Emergere del Declino Strutturale
A partire dal 2023, il mercato è entrato in una fase di normalizzazione cauta, con quotazioni che si sono stabilizzate principalmente tra i 70 e i 90 USD, riflettendo un mercato più equilibrato ma con tensioni sottostanti. Nonostante i nuovi tagli produttivi annunciati dall’OPEC+ e una domanda globale che ha registrato un aumento record (+2,3 milioni di barili/giorno), l’effetto della riapertura cinese è risultato meno incisivo del previsto. Il vero punto di svolta si è manifestato nel 2024, quando i prezzi hanno iniziato un progressivo calo, spinto da una produzione non-OPEC da record, con gli Stati Uniti a 13,3 milioni di barili al giorno e paesi come Brasile e Guyana che hanno contribuito con ulteriori 1,5 milioni di barili al giorno. Questa massiccia espansione dell’offerta, unita a un rallentamento della crescita della domanda globale (+1,1 milioni di barili/giorno), ha segnato l’inizio di quello che l’AIE ha definito il declino strutturale, prevedendo che la domanda di petrolio raggiungerà il suo picco in modo irreversibile entro il 2030, una previsione che ha messo in discussione l’aspettativa di prezzi elevati nel lungo periodo.
2025: Il Petrolio a 60 USD e la Fine di un Ciclo
Giungendo a novembre 2025, il mercato presenta un quadro ben definito, con il WTI attestato a 60 USD e il Brent a 64 USD, rappresentando un calo significativo del 25% rispetto ai picchi del 2023. Questa stabilizzazione su livelli più bassi è il risultato di fattori sia ciclici che strutturali, segnalando la possibile fine di un’era. Tra le cause strutturali spiccano l’inarrestabile elettrificazione del parco auto (una su cinque nuove auto vendute è elettrica), il miglioramento continuo dell’efficienza energetica e la crescita esponenziale delle rinnovabili. I fattori ciclici, come l’offerta che supera la domanda di 1-2 milioni di barili al giorno e la forza del dollaro, agiscono da catalizzatori ribassisti. La grande lezione del post-pandemia è che, sebbene il petrolio sia in grado di crollare e rimbalzare con rapidità estrema (da -37 USD a +133 USD in meno di due anni), il trend di lungo termine è ormai orientato al ribasso, con l’influenza dell’OPEC+ che diminuisce di fronte alla resilienza dell’offerta non-OPEC. Pertanto, il prezzo a 60 USD non rappresenta una crisi, ma si configura come un nuovo normale in un mondo che guarda sempre più oltre il greggio, suggerendo che per investitori e produttori, 60 USD potrebbe essere il nuovo 100 USD in questo ciclo emergente di volatilità gestita e di transizione accelerata.




































