Le corde di chitarra “made in Caldogno” riconvertite per i respiratori di tutta Italia: la storia di Mimmo Peruffo e figlio

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Mimmo Peruffo e figlio

Di seguito la bella storia sul Coronavirus raccolta da Ilaria Floris per l’agenzia di stampa Adnkronos sul produttore di corde di chitarra a Caldogno Mimmo Peruffo

Venticinque chili di filo per i respiratori a Monza, settantacinque a Bergamo, quarantadue a Roma. In pochi giorni, senza capire ancora bene la portata di quello che sta accadendo, ma con una pazzesca, potentissima energia che gli sgorga dal cuore nel poter aiutare il suo paese. Questa è la storia di Mimmo Peruffo, produttore di corde di chitarra a Caldogno, il paese di Roberto Baggio, ritrovatosi da un giorno all’altro ad essere l’unico in Italia a produrre il filo che serve alle stampanti 3D per realizzare le valvole che servono alle mascherine da sub, riconvertite in respiratori.

Una storia incredibile che Mimmo racconta in esclusiva all’Adnkronos, dove gli elementi principali sono una piccola fabbrica di produzione di corde per strumenti musicali (“Mi sono ritrovato a fare l’imprenditore grazie alla passione per la musica, poi ho cominciato a produrre un milione di corde che fino a due mesi fa mandavo in Cina alle fabbriche che fanno ukulele, la chitarrina hawaiiana”, ci racconta), un figlio che ama lavorare quanto lui e un’enorme generosità di cui l’Italia ora ha davvero bisogno.

“Molto prima della pandemia -racconta Peruffo- avevo fatto questa piccola ‘follia’ di prendere un impiantino ad estrusione, lungo una quindicina di metri, che serve per produrre il filo. E’ una piccola macchina che però, ho scoperto poi, non ha quasi nessuno”. Poi scoppia l’emergenza, e lui legge un articolo dove si dice che “avevano trovato il sistema per modificare le mascherine da sub in respiratori, e che usavano una stampante in 3D per fare una componente essenziale che è una valvolina, per la quale serve il filo che produco”, ricorda.

La sua fabbrica è chiusa, e lui con le mani in mano non ci sa proprio stare. Così, contatta un ospedale di Brescia, per chiedere se hanno bisogno di aiuto. “Volevo dargli il mio filo, ma a loro non serviva perché usavano un altro sistema”, racconta. Poi, l’occasione arriva. “Ho letto che c’era un’azienda di Napoli che produceva queste valvole, li ho contattati, e loro mi hanno ringraziato in tutti i modi. Poi mio nipote, che ha una piccola azienda che usa la stampante 3D, aveva sentito che servivano questi fili, e mi ha rivelato che c’era una chat di coordinamento per tutta Italia chiedendomi se potevo produrlo”.

Mimmo non ci pensa due volte. Si sveglia alle 5 del mattino, rimette in moto tutti i macchinari, chiama il figlio. “Vieni a lavorare, che abbiamo da farci un mazzo così”. Il nipote incalza. “Zio, servono 100 chili, e io mi sono messo subito al lavoro. Poi mi arriva la sorpresa: stamattina mi arriva una lista, richieste da ospedali di Roma, 42 chili, Bergamo, 75 chili, Monza 25 chili… non potevo crederci -rivela Mimmo- Il coordinatore della chat che mi dice ‘non troviamo più il filo in Italia, dobbiamo ordinarlo in Cina e non ce lo mandano più. In questo momento, sei l’unico in tutta la nazione che lo produce”.

Gli chiedono quanto devono pagarlo, ma inutile dirlo, la domanda cade nel vuoto. “Sto facendo solo il mio dovere. Stare seduto sulla sedia a vedere gli altri lavorare, non è da me: sono un tipo d’azione. Essere impotente e non rendermi utile, non mi faceva sentire bene, ora ho l’opportunità per fare qualcosa per la mia nazione -dice Mimmo- Stiamo cinque giorni in questo pianeta, se posso fare qualcosa è una vita spesa bene. La cosa più bella? Vedere mio figlio che lavora con me. Voglio vedere l’impianto scoppiare, andare a mille. Piccolo, ma così utile al mio paese”.


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