Liti temerarie contro la libertà di stampa, M5S parte per fermarle: si rischia metà di quanto richiesto

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Liberta di stampa e liti temerarie
Liberta di stampa e liti temerarie

Si fa presto a dire libertà di stampa perché il fenomeno delle liti temerarie ossia le richieste di risarcimento danni pretestuose nei confronti dei giornalisti è ormai a livelli di emergenza. Eppure da vent’anni a questa parte sono andati tutti a vuoto i tentativi di limitare il rischio bavaglio.

Ora ci si riprova al Senato dove entro giugno potrebbe essere approvato un disegno di legge semplice semplice: chi si sente diffamato ben potrà continuare a chiedere giustizia. Ma chi invece essendo in malafede attivi un giudizio a fini risarcitori per diffamazione a mezzo stampa, sarà costretto a pagare almeno la metà della somma che ha richiesto.

Si ha come l’impressione che chi faccia ingenti richieste di risarcimento danni sia più interessato a dissuadere i giornalisti dal fare il loro mestiere che a tutelare il proprio onore. Mi pare corretto dunque che quando quelle pretese si dimostrino infondate, chi se ne fa promotore se ne assuma il rischio” spiega il senatore M5S Primo di Nicola primo firmatario del disegno di legge contro le liti temerarie, che ha già il nulla osta degli altri gruppi politici e il consenso degli organi di rappresentanza di giornalisti ed editori.

Le richieste arbitrarie di risarcimento dei danni hanno un impatto enorme sulla vita dei giornalisti e delle testate con cui collaborano: tali minacce inficiano la libertà di stampa attraverso un’arma impropria brandita a rischio zero” spiega ancora il senatore M5S a cui fa eco Giuseppe Mennella di Ossigeno per l’informazione. Che si sofferma anche sui processi penali: “Ogni anno circa 6000 giornalisti finiscono su questa graticola: in oltre il 90% dei casi queste iniziative finiscono nel cestino a riprova del fatto che si trattava di iniziative infondate, anche perché in un numero straordinario di casi è la stessa accusa a chiedere l’archiviazione. Proprio per questo riteniamo sia urgente intervenire anche sul codice di procedura penale. Inserendo, come suggeriscono giuristi del calibro di Caterina Malavenda, la formula di assoluzione ‘perché il fatto non costituisce reato’: in quel caso il giornalista potrà chiedere oltre il pagamento delle spese pure il risarcimento del danno”.

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