L’ultima vittoria al Menti dell’LR Vicenza risale al 4 dicembre dell’anno scorso, 2-0 alla Pergolettese nella 17a giornata di campionato. Nelle due successive gare in casa sono seguiti altrettanti pareggi, con lo stesso risultato di 1-1, contro Piacenza e Padova. Anche questa flessione nel rendimento interno spiega la frenata dei biancorossi dopo l’eccezionale rimonta avviata con il cambio di allenatore che li aveva portati al primo posto e poi, comunque, li ha stabilizzati nelle posizioni di vertice.
Non è irrilevante non vincere nello stadio di casa, dove l’LR Vicenza era riuscito, almeno fino a metà dell’Andata, a restare a galla. Il fattore campo non è mai stato marginale a Vicenza soprattutto per merito di una tifoseria votata a sostenere “a prescindere” i giocatori con la maglia biancorossa. Gli stessi avversari (ovviamente nelle serie inferiori, perché in A oggi ci si dovrebbe confrontare con ben altri pubblici) riconoscono che esiste, al Menti, una pressione che dagli spalti si rovescia e si avverte sul terreno di gioco. E non c’è un solo giocatore o allenatore che arrivi al Vicenza e non dichiari che ricorda in particolare il tifo dei supporter biancorossi.
È pacifico che un sostegno come quello tipico del Menti non basta a vincere le partite né, tanto meno, i campionati ma sicuramente una mano la dà. Però, se la squadra non va, la spinta emotiva perde efficacia e non modifica l’atteggiamento in campo dei giocatori.
L’analisi dei limiti attuali della squadra biancorossa
Il primo spunto lo danno le statistiche. Nelle ultime cinque partite di campionato il Lane ha ottenuto una vittoria e tre pareggi, perdendo però solo la gara con il Lecco. Non è un rendimento da primo posto e non è inappropriato dire che, se i biancorossi sono ancora in terza posizione, è perché le concorrenti procedono con la stessa velocità da accelerato.
Escludendo il 4-1 della trasferta sul campo della Pro Sesto, da considerare episodico, nelle altre quattro gare la squadra di Modesto ha segnato quattro gol e ne ha incassati sette. Determinante, nel conteggio, il 3-0 subìto a Lecco, che – è vero – potrebbe altrettanto essere episodico (vedremo nel prosieguo se lo è stato davvero) ma che, nel contempo, costituisce la sconfitta più pesante nel risultato dell’LR Vicenza (alla pari con quella a Novara nel 6° turno) e la prima clean sheet negativa dopo nove partite in cui almeno un gol si era sempre segnato.
Flessione dell’attacco, da una parte, e troppa permeabilità difensiva, dall’altra, sono i limiti attuali della squadra ma non si deve sottovalutare il rendimento insufficiente del centrocampo. Il reparto, qual è quello tatticamente impostato da Modesto, non è adeguato a far fronte a tutte le mansioni che gli affida il tecnico e sacrifica in un ruolo arretrato un giocatore determinante nella fase offensiva com’è Dalmonte. Le scelte dei centrocampisti sono state ultimamente ridotte dagli infortuni ma la carenza di titolari ha portato a galla la mancanza di riserve all’altezza.
L’attacco vive della bravura di Ferrari e dei numeri di Stoppa, mentre non funziona Rolfini che è posizionato nel ruolo di seconda punta a lui probabilmente non congeniale. Non che abbia entusiasmato quando ha fatto il primo attaccante, certo, ma così serve a poco. La stessa carenza di alternative ai titolari c’è anche in prima linea e non si può contare, come si è visto, sui giovani a disposizione. Meglio evitare di ripetere l’errore fatto l’anno scorso con Mancini.
La difesa è di nuovo sotto accusa ma è ingiusto pretendere troppo dagli abituali titolari. Pasini sta giocando la sua migliore stagione a Vicenza e Ierardi è molto cresciuto rispetto a due anni fa, ma un centrale di sinistra all’altezza non c’è in squadra e non è giusto caricare di responsabilità Sandon. Finora Modesto ha avuto poche alternative sia per gli infortuni di Cappelletti e Padella che per la poca adattabilità di Valietti e Bellich a difensori centrali. È arrivato Ndiaye, ma è una scommessa perché è stato un Primavera fino all’anno scorso, e la cessione di Padella comporta necessariamente l’acquisto di un difensore di pari esperienza.
Questi i limiti e su questi bisogna lavorare per lo sprint finale. Per la dirigenza la rosa va bene com’è e non ci si deve mettere troppo le mani per non provocare squilibri. La posta in gioco, però, pretende di dare il massimo per centrare l’obbiettivo promozione diretta.