Ombre nella “cattura” di Matteo Messina Denaro: il “regalo” profetizzato dal pentito Baiardo e le analogie con l’arresto di Riina e i covi vuoti

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Intercettazioni e cattura Matteo Messina Denaro
Intercettazioni e cattura Matteo Messina Denaro

È passato un mese dal giorno in cui il capo mafia Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni e diventato l’uomo più ricercato d’Italia, è stato catturato dai carabinieri del ROS. La notizia dell’arresto è stata descritta come una storica vittoria dello Stato, tanto che qualche imprudente esponente della coalizione di governo ha, perfino, rivendicato ad essa la paternità politica del successo investigativo, quale tangibile espressione del    suo rinnovato impegno contro la mafia, che ha portato in carcere un uomo che ne era considerato la primula rossa. Tuttavia, dopo i primi giorni di clamore mediatico, il fatto, molto singolarmente, è passato in secondo piano e di esso quasi non si  parla più.

Ma il dubbio è fortissimo: siamo sicuri che le cose siano andate come ce le hanno raccontate i rappresentanti dello Stato? Vi ricordate l’affollatissima conferenza stampa, fatta da magistrati e importanti ufficiali dei carabinieri, al più alto livello, a poche ore dal clamoroso evento, connotata da un malcelato orgoglio per aver assicurato alla giustizia un super latitante macchiatosi, come capo mafia, di orrendi crimini? Però, qualche dubbio sulla genuinità della versione ufficiale è più che legittimo.

Anzitutto: la sera del 5 novembre 2022 andò in onda, sull’emittente La7, una puntata speciale su “Fantasmi di Mafia” nella trasmissione “Non è l’Arena”, condotta da Massimo Giletti. Fu intervistato Salvatore Baiardo, piemontese di origini siciliane, che, dopo aver scontato quattro anni per favoreggiamento e riciclaggio di denaro in concorso con i fratelli mafiosi Filippo e Giuseppe Graviano, è diventato collaboratore di giustizia.

Costui si avventurò in una sorta di profezia, lasciando intendere che la mafia siciliana poteva essere disposta a fare una specie di accordo con lo Stato: poteva essere chiesta l’abrogazione del regime 41 bis o la revoca, per alcuni detenuti, del carcere ostativo (quello del fine pena mai) in cambio di un “regalino”. Baiardo, durante l’intervista al giornalista Giletti, lasciò intendere di essere a conoscenza che Matteo Messina Denaro era gravemente ammalato e che avrebbe potuto consegnarsi in cambio di qualcosa (“forse, dico forse, potrebbe arrivare un regalo miracoloso… e se Matteo Messina Denaro si ammalasse improvvisamente e si offrisse di costituirsi, ottenendo un arresto clamoroso? … sarebbe un’impresa incredibile per il governo, un regalo davvero notevole”)

La profezia sembra essersi avverata e Matteo Messina Denaro – effettivamente ammalato per un grave cancro al colon – è stato catturato, sia pure in un apparente contesto di enorme dispiegamento di forze dell’ordine. Ma come faceva Baiardo a saperlo se non fosse stato lo stesso Matteo Messina Denaro ad averglielo detto? Non dimentichiamoci che l’ex magistrato (e attuale senatore del Movimento 5 Stelle) Roberto Scarpinato aveva definito Baiardo come un “portavoce della mafia”.

Ma la circostanza che più inquieta è, a mio avviso, la precisazione del medico oncologo che aveva in cura il latitante e che, parlando a “Repubblica”, ha detto: “è incredibile la coincidenza; quella intervista (a Giletti) è andata in onda pochi giorni dopo che avevamo comunicato al paziente l’esito degli accertamenti che davano un quadro aggravato della sua malattia”. Solo una coincidenza? È difficile crederlo; ed è più probabile che il latitante, constatata l’estrema gravità della sua malattia, abbia voluto lanciare un messaggio allo Stato per una possibile trattativa, pensando all’unica soluzione praticabile per essere curato al meglio e non in clandestinità. In cambio di cosa? Si vedrà e neppure fra molto tempo. Alla precisazione dell’oncologo non è stata data, da parte dei media, l’importanza che, invece, ha.

Bisogna anche tener conto che un collaboratore di giustizia (un cosiddetto pentito) una volta ottenuti i benefici promessigli, ha tutto l’interesse di finire totalmente nell’ombra, di sparire da ogni scenario e di fare una vita da eremita. Se dovesse, per qualsiasi motivo rientrare nel contesto malavitoso del suo passato, perderebbe ogni privilegio acquisito ed avrebbe ben più problemi di prima. Un cosiddetto pentito non fa mai interviste, men che meno clamorose, come quella di Baiardo.

Ma allora, che interesse aveva Baiardo a fare il protagonista in una nota trasmissione televisiva ed affrontare l’argomento della possibile resa del Matteo Messina Denaro? Apparentemente nessuno: anzi, avrebbe avuto tutta la convenienza di non farsi neppure vedere.

Questa, a mio avviso, è una considerazione determinante per ritenere che il Baiardo ha, invece, avuto, in questa occasione, il ruolo dell’emissario di mafia, cioè dello stesso Matteo Messina Denaro; è stato il latore di una proposta allo Stato, prospettando alla coalizione di Governo un inaspettato “regalino”: la cattura del latitante. Ma, in cambio di cosa? Si vedrà.

È comprensibile (e inevitabile) che l’apparato statale abbia, poi, messo in scena la storia, del tutto inverosimile, dell’indagine partita proprio dalla sua malattia; che nessuno conosceva, a parte Baiardo (ma come?). Ma esistere davvero un archivio dei malati di cancro? E chi poteva sapere che Matteo Messina Denaro aveva assunto l’identità di una persona realmente esistente, suo alter ego (cioè Andrea Bonafede)? Costui era un reale cittadino di Campobello di Mazara, era quasi coetaneo del latitante e suo amico di infanzia, era, anche lui, figlio di un mafioso che aveva protetto la latitanza del padre di Matteo Messina Denaro. Possibile che nessuno abbia pensato di fare indagini anche su di lui?

Se, poi, si riflette sulla tempistica, la storia raccontataci dagli inquirenti appare ancora più inverosimile: il 15 gennaio 1993 è stato catturato Totò Riina; il 16 gennaio 2023, esattamente 30 anni dopo, la stessa sorte è toccata a Matteo Messina Denaro. In entrambi i casi si ipotizza una cattura concordata, tanto che, per il primo episodio, è ancora un mistero il fatto che il covo di Riina non sia stato subito perquisito, così consentendo ad altri mafiosi (Matteo Messina Denaro?) di ripulirlo, con l’asportazione indisturbata di documenti segreti. Ed anche i covi del Messina Denaro sono stati scoperti e perquisiti molto tempo dopo la sua cattura… vuoti.

Se così è, c’è di che preoccuparsi!