Papa Francesco ha incontrato il 13 ottobre delegazione di afgani portati in salvo da Roberto Bruni (Ciano International): cronaca, foto, emozioni

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Roberto Bruni, Gianpaolo Scarante e Akthar con Papa Francesco (foto di Paola Farina per ViPiu.it)
Roberto Bruni, Gianpaolo Scarante e Akthar con Papa Francesco (foto di Paola Farina per ViPiu.it)

Nell’udienza di mercoledì 13 ottobre il Papa ha incontrato una delegazione di afgani portati in salvo dalla Ciano International, come già ampiamente documentato da ViPiu.it. La delegazione era guidata dall’amministratore delegato della Ciano Roberto Bruni (qui anche la denuncia sua e di chi scrive della inadeguata accoglienza di un Cas di Dueville, ndr) e da Gianpaolo Scarante, ex diplomatico, che ora è presidente del Cda della società (ha chiuso la carriera diplomatica nel 2015) e oggi tra i tanti incarichi è analista politico e commentatore oltre che Presidente dell’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia.

 

Akthar con Silvia nell'intervista di Uno Mattina (foto di Paola Farina per ViPiu.it)
Akthar con Silvia nell’intervista di Uno Mattina (foto di Paola Farina per ViPiu.it)

La giornata è iniziata con un’intervista a Silvia Sbrizio, manager della Ciano, a Uno Mattina (vedi dal 27° minuto di questo link), che nell’occasione era accompagnata da Akthar, uno dei rifugiati afgani. Silvia è una coordinatrice straordinaria, con la quale ho legato immediatamente (miracolo…), il cui nonno  materno, Gaspare Slaviero,  era nativo di Roana.

Papa Francesco con una rappresentanza di Afgani (foto di Paola Farina per ViPiu.it)
Papa Francesco con una rappresentanza di Afgani (foto di Paola Farina per ViPiu.it)

Alla fine dell’udienza il Papa ha voluto  salutare personalmente la delegazione di Ciano International e si è soffermato con gli ospiti, elargendo carezze o buffetti ai bambini.  Ha chiesto a Roberto Bruni di spiegare alcuni dettagli ed ha mostrato molto interesse per il gruppo, volendo sapere quanti fossero e dove erano stati trasferiti: una famiglia è già stata collocata in Germania ed una in Canada, gli altri nuclei sono in giro per l’Italia.

Papa Francesco si è interessato anche al lavoro a Kabul di Akthar che lavorava come capo magazziniere e amministrativo della Ciano nel magazzino-ufficio della Nato e, dopo averlo ascoltato, ha detto  “Con quei baffi, sembra più un napoletano che un afgano!”-

Per volontà dell’azienda e del suo padre (ri)fondatore (un amico mio, non ho mai capito se vuole o meno essere menzionato, strano mondo quello dei filantropi) si cerca di dare ai rifugiati un sostegno, che va oltre a quello degli accordi internazionali in materia perché queste persone hanno bisogno di sentirsi prima esseri umani e poi rifugiati.

Purtroppo ci si scontra con la burocrazia e con i diktat: sono rifugiati politici e non emigranti economici. Si sono portati appresso solo una valigia vuota, ma piena di ricordi e di orrori, consapevoli di essere fortunati, perché il  resto dei famigliari e gli amici non sono sotto tiro dei cecchini, ma peggio, sotto le lame dei tagliatori di gole.

Silvia Brizio con una bambina afgana (foto di Paola Farina per ViPiu.it)
Silvia Brizio con una bambina afgana (foto di Paola Farina per ViPiu.it)

Spesso è difficile amalgamare le promesse con la fattibilità, noi cerchiamo di farlo, anche andando contro le regole, se necessario. Questi rifugiati hanno bisogno di tutto, del calore di una voce amica, di una voce che ascolti. A volte mi sento dire che sono spendacciona: qualche giorno fa un conoscente mi ha detto “ma perché compri loro anche la piastra per i capelli?”. Perché conosco la paura, conosco la malattia, conosco il dolore. Se una piastra per capelli serve per alleviare la sofferenza, io compro una piastra per capelli. Perché hanno bisogno di un cellulare? Perché se sono maltrattati o se manca loro qualcosa, compongono il mio numero e mi chiamano. Se un malato terminale mi dice che con una buona pedicure si sente meglio, io vedo di fargli avere una buona pedicure seppur consapevole che non gli salverà la vita. Questa è l’accoglienza che conosco io, poca, non politicizzata, non indicizzata a successi  personali o a percorsi professionali.

Ritorno a dire “accoglienza”, questa sconosciuta!

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.